La seconda ondata piega i Balcani. A novembre picchi record di decessi
In Polonia + 97% di decessi rispetto alla media 2016-2019. In Slovenia mai così tante vittime negli ultimi 20 anni

Infermieri al lavoro in un ospedale dell’Est Europa. Foto Sandzak live
BELGRADO Con misure restrittive severe e fulminee, erano riusciti a scongiurare la grande ondata dei contagi e dei decessi in primavera, a differenza di molti Paesi dell’Europa occidentale, Italia e Spagna in testa. Ma l’autunno e l’inverno sono stati nerissimi, per gli Stati dell’Europa centro-orientale e dei Balcani, nazioni investite frontalmente dall’impatto del Covid a fine 2020. E da un conseguente drammatico aumento della mortalità totale rispetto agli anni passati. È il quadro che è stato confermato in questi giorni da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, ma anche da stime di vari istituti nazionali di statistica della regione balcanica.
Numeri che indicano che la «mortalità in eccesso», un indicatore utile per comprendere la «magnitudo di una crisi sanitaria» e indirettamente l'impatto del Covid, ha spiegato Eurostat, è stata di gran lunga più grande dalla Slovenia alla Croazia, passando per Romania, Bulgaria, Ungheria, Serbia, Albania e così via, rispetto al quadriennio 2016-19. E anche in un confronto con gran parte dei Paesi dell’Europa occidentale, colpiti in maniera relativamente più blanda in autunno di quelli dell’Est.
Parliamo in generale di «Stati», quelli dell’Europa centro-orientale e balcanica, che non erano stati particolarmente toccati dai picchi» epidemici «della primavera», ha ricordato l'ufficio statistico Ue. Ma qualcosa ha iniziato a cambiare, in peggio, già dall’estate per poi raggiungere un’acme negativa a fine anno. Ad esempio, già a luglio la Romania ha cominciato a osservare più morti che nei quattro anni precedenti, (+11,6%) e poi «a partire da settembre», il numero totale dei deceduti è andato via via «in crescendo, in maniera generalizzata». E non solo a Bucarest. Il mese più nero – mancando ancora i dati di dicembre – è stato sicuramente novembre. Un mese drammatico, in particolare in Polonia, Paese che ha registrato un +97,2% di decessi rispetto alla media del 2016-19, ma anche in Bulgaria (+94,5%), in Cechia (+75,6%), Romania (+54,1%). Sul poco ambito podio, è salita anche la vicina Slovenia, con un +91,4% di vittime a novembre rispetto al recente passato.
Le stime di Eurostat coincidono con quelle delle autorità di Lubiana, che hanno denunciato più di 3 mila morti totali solo a novembre, «il primo mese negli ultimi vent’anni» con tanti decessi in Slovenia e l’unico in cui si sono dovuti contare più di cento morti per ben 18 giorni su trenta, ha informato il Surs, l’Istat sloveno, sottolineando che «prima della pandemia solo il 29 gennaio 2017 si era superata quota cento». E il 2020, con alta probabilità «sarà l’anno con più decessi dalla fine della Seconda guerra mondiale» in Slovenia, ha previsto il Surs. Slovenia che, tra gennaio e novembre 2020, ha registrato più di 20mila decessi, il 10% in più del 2019. E di questi quasi 3mila sono stati a causa Covid e altri 900 «non direttamente collegati», ma facilitati dalla crisi del sistema ospedaliero, ha suggerito a metà gennaio il direttore dell’Istituto di salute pubblica, Milan Krek.
Quadro cupo anche in Croazia, che a settembre 2020 ha cominciato a contabilizzare un aumento dei decessi totali rispetto al 2016-19 (+7,9%), poi diventato più marcato a ottobre (+12,4%) e soprattutto a novembre (+41,3%), secondo le stime di Eurostat. Considerato l’intero anno, invece, l’andamento sembra leggermente migliorare. Secondo l’Istituto statistico croato, da gennaio a novembre 2020 i morti «sono cresciuti del 2,3%» rispetto all’anno prima, ma di oltre il 6% se si prende in considerazione solo il periodo dopo lo scoppio della pandemia.
Pandemia che ha fatto danni gravi anche fuori dalla Ue, in particolare in Serbia, che solo a dicembre ha pianto addirittura 6.551 morti in più rispetto alla media dei cinque anni precedenti, 13 mila in più da aprile a fine anno, +14% su base annua. «Non ci sono dubbi che tanti muoiono di coronavirus», ma moltissimi – come negli altri Paesi – anche «per il collasso del sistema sanitario», con pazienti non-Covid esclusi da cure e assistenza, ha denunciato la pneumologa Dragana Jovanovic.
Scenario speculare anche in Albania, dove sarebbero 6mila i decessi in più nel 2020 (+27%), in gran parte avvenuti durante il picco autunnale, secondo stime Instat citate dai media locali. «La ragione principale discende dai morti per Covid, come negli altri Paesi», ha confermato un analista dell’Istituto di salute pubblica di Tirana. Ma le cose sono andate male, già a partire dall’autunno inoltrato, anche nell’Ungheria di Viktor Orban, che dopo un leggero rialzo a settembre ha visto esplodere i decessi nei mesi di ottobre e novembre, rispettivamente con un +14,8% e addirittura +53,4% il mese successivo. E anche l’Austria ha vissuto un 2020 terribile, in particolare a novembre, quando i numeri totali sono letteralmente esplosi, con un +47,6% rispetto alla media osservata tra il 2016 e il 2019. In tutto l’anno scorso, ha precisato Statistik Austria, l’omologo locale dell’Istat, le perdite di vite umane sono state «90.123», con una crescita di quasi l’11% rispetto ai cinque anni precedenti. Mentre «l’aspettativa di vita è calata di circa sei mesi, nell’anno del coronavirus». —
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