«La sentenza del Tar resta valida Impossibile sbilanciarsi sull’esito»
L’analisi dei docenti di diritto delle Università di Trieste e Udine

Chi mastica il diritto amministrativo come il pane si è fatto un’opinione precisa in merito alle ultime ordinanze dal Consiglio di Stato sul contenzioso che coinvolge l’ente e i centri islamici.
«Le ordinanze del Consiglio di Stato appena pubblicate hanno affermato che i motivi posti alla base dell’appello sono meritevoli di approfondimento proprio della fase di merito, ove si decide la fondatezza delle ragioni della parte ricorrente – spiega Gian Paolo Dolso, professore di Diritto costituzionale all’ateneo triestino –. Questo lascia intendere che i motivi che sostengono l’appello non appaiono al Consiglio di Stato manifestamente infondati e che richiedono di essere approfonditamente valutati e considerati appunto nella fase di merito del giudizio. Inoltre nelle ordinanze si afferma in modo chiaro che il bilanciamento dei contrapposti interessi è assicurato dalla fissazione dell’udienza pubblica per il giorno dell’11 febbraio 2025, secondo appunto quanto prevede l’articolo 55, comma 10, del Codice del processo amministrativo». Tutto ciò significa che, al momento, «i luoghi oggetto dei giudizi possono continuare a essere utilizzati per il culto e che gli interessi del Comune risultano adeguatamente tutelati dal fatto che la sentenza di merito verrà emessa in tempi brevi, in quanto i ricorsi verranno appunto discussi all’udienza fissata» e «la sentenza verrà poi depositata nei giorni successivi». Poi, essendo Palazzo Spada il supremo organo della giustizia amministrativa e rappresentando il suo giudizio quello definitivo, il verdetto definirà anche la questione delle modalità di celebrazione del Ramadan, che cadrà a marzo. Comunque, per Dolso è impossibile sbilanciarsi sull’esito finale.
Anche il professor Leopoldo Coen (dipartimento di Scienze giuridiche Università di Udine) ritiene che i dispositivi sono tesi in primis «ad accelerare la discussione nel merito», in qualche modo riconoscendo il rilievo dei motivi alla base dell’appello e della vicenda, che attengono «diritti fondamentali come quello della professione del credo religioso». «E per questo – sottolinea – cerca di anticipare i tempi che possono essere in genere lunghi». Della durata di anni. Altro aspetto, dalla «risposta dei giudici si evince che sussistono tutti gli elementi necessari per decidere e che potrebbero non essere necessarie altre istruttorie». Quanto all’effetto dell’accoglimento della cautelare a detta di Coen «non sospende il pronunciamento del primo grado, ma anticipa il giudizio nel merito». Quindi le disposizioni del Tar «restano in piedi», concorda. E si potrebbe leggere, nel dispositivo delle ordinanze, un senso in grado di prefigurare il verdetto definitivo? «Non è detto – replica – anche se il rimando all’articolo 55, con il punto che richiama una valutazione delle “esigenze del ricorrente” come “apprezzabili favorevolmente”, potrebbe essere interpretato come un orientamento. Io non mi sbilancerei».
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