La storia di Elsa dai parchi di Gorizia a quelli di Platamona

La donna sarda è tornata a “casa” e continua a vivere su una panchina. Ora ha chiesto un alloggio popolare
Di Francesco Fain
Bumbaca Gorizia 23.11.2008 Giardini pubblici dimora imprenditrice - Foto di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 23.11.2008 Giardini pubblici dimora imprenditrice - Foto di Pierluigi Bumbaca

Da Gorizia a Platamona, in Sardegna. È il lungo viaggio di Elsa Sotgia, la donna sarda che si guadagnò qualche anno fa la ribalta della cronaca per essersi “accampata” prima ai Giardini pubblici, poi al Parco della Rimembranza. Poi, come ricordammo nel settembre scorso, tornò nella “sua” Sardegna, a Platamona, arenile di Sassari che si affaccia sul Golfo dell’Asinara. E come successe a Gorizia, ha deciso di passare le sue giornate (e le notti) su una panchina che si affaccia direttamente sulla spiaggia.

Oggi, la donna sarda è ancora là. Vive sempre nelle medesime condizioni. Secondo quanto scrivono i giornali locali, Elsa Sotgia vorrebbe lasciare il riparo-accampamento di Platamona. E, per questa ragione, ha chiesto che le venga messa a disposizione una casa, anche un monolocale. L’appello è stato rivolto alle istituzioni, ma anche ai privati. «Non accetterò mai l’invito a trasferirmi in un ospizio o in una casa di riposo», le sue parole. Una storia già vista e che riecheggia la storia goriziana di Elsa.

In questi giorni, la donna sarda è stata assistita da diversi volontari: da quelli organizzati come i “Guardian Angels” che hanno anche provveduto a costruire un riparo al posto della tenda spazzata via dal vento, ai semplici cittadini di Platamona che le hanno dato un aiuto (proprio come successe a Gorizia).

Nonostante si sia sempre, incessantemente proclamata innocente, Elsa (nel passato) fu condannata a ben vent’anni di carcere con l’accusa di aver preso parte al sequestro di un imprenditore di Sassari, Pupo Troffa. Dopo essere stata arrestata, la donna ebbe un crollo psicofisico che la portò alla depressione: ingoiò, secondo quanto riferiscono le cronache dell’epoca, una massiccia dose di farmaci tranquillanti e rischiò di perdere la vita. Cominciò a scontare la pena a vent’anni di carcere - anche in relazione a un altro sequestro di persona di quegli anni, il sequestro Cassel - e il suo lungo periodo di detenzione fu scandito da una serie di scioperi della fame che suscitarono un notevole clamore, durante i quali Elsa si nutriva solamente di cioccolatini e caramelle. Fu ricoverata a lungo anche in ospedale.

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