Laguna in zona rossa lavoro e preghiere dei monaci di Barbana nel totale silenzio

L’orto da coltivare, la chiesa da pulire, gli animali da accudire. E ogni tanto arriva un pescatore a regalare qualche pesce

GRADO. Zona rossa in gran parte d’Italia e anche la laguna di Grado diventa sostanzialmente rossa. Rendendo in tal modo quanto meno difficoltoso l’accesso dei fedeli a Barbana. Ora et Labora è considerata la prima e più importante regola benedettina, quella fondante di questo ordine. Pregare e lavorare.

Ed è ciò che fa anche la dozzina di monaci benedettini che sovrintendono al santuario e all’isola della Madonna di Barbana. Tutti si occupano in alternanza delle varie mansioni. Tranne qualche caso, in linea di massima, non ci sono compiti specifici. Ecco così che tutti puliscono, lavano i piatti, si occupano degli animali (maiali, galline, conigli), dei frutteti, del piccolo orto.

Lavori semplici che si svolgono durante la giornata alternati da una lunga serie di momenti di preghiera che iniziano alle 6.30 per concludersi alle 20.30, con la Compieta, l’ultima preghiera prima del riposo notturno. Ma anche studi e letture non mancano. Tutto, insomma, viene condiviso tra l’altro all’insegna del “niente è mio ma tutto è nostro”: una cioccolata, un libro, qualsiasi cosa va messa a disposizione ed è per tutti.

Anche lo stipendio. Fra i monaci in missione a Barbana ci sono, infatti, tre sacerdoti, che come tali ricevono il regolare stipendio grazie a quanto previsto dall’8 per mille. Ma anche questi stipendi vengono messi nella cassa comune in quanto, come detto, tutto è di tutti. E meno male che in questo periodo ci sono questi tre stipendi perché la mancanza di pellegrini – vuoi per il periodo invernale e vuoi anche per l’epidemia di Covid iniziata proprio nella primavera del 2020 – non contribuisce al sostentamento della comunità benedettina.

«La nostra – spiega il priore padre Benedetto de Lyra Albertin – è una comunità spirituale monastica che si ispira agi apostoli della prima comunità di Gerusalemme. Alterniamo la preghiera al lavoro: tutto è calcolato, regolato in modo che le varie occupazioni lascino spazio ai previsti momenti di preghiera. E da fare ce n’è tanto: il santuario, la casa del Pellegrino, gli animali, l’orto».

La mancanza di pellegrini si fanno sentire. «È vero, mancano i fedeli; il santuario è fatto per accoglierli e, salvo restrizioni dovute all’epidemia, ad aprile speriamo che arrivino nuovamente». Aprile è il mese durante il quale, tradizionalmente, iniziano ad arrivare i pellegrinaggi dalle varie comunità non solo del Friuli Venezia Giulia

«C’è un punto di domanda su questo, sull’arrivo dei pellegrini – aggiunge il priore – ma il santuario è un faro, aiuta questi difficili momenti in senso spirituale». Intanto i monaci vanno avanti nella preghiera e nel lavoro e chi raggiunge il santuario (nelle giornate festive c’è un viaggio di linea dei motoscafisti e qualche fedele va ad assistere alla messa a Barbana) vive un clima con sonorità completamente diverse dal passato, più penetranti, quasi misteriose nei sentimenti riflessivi che infondono.

Il priore non parla mai di difficoltà oggettive che indubbiamente ci possono essere spiegando invece che i monaci sono persone semplici che si accontentano del minimo necessario. Ma sono rimasti veramente sorpresi, i monaci, di quanto i fedeli siano loro comunque vicini per sostenerli. Singole persone, famiglie e anche attività che donano e aiutano i monaci.

«È incredibile – dice padre Benedetto – siamo rimasti sorpresi di quanto i fedeli ci siano vicini; ci sono anche dei supermercati che ci aiutano e noi siamo veramente felici del senso di carità della gente verso le necessità del santuario e di chi se ne occupa. C’è anche un pescatore che ogni tanto ci porta del pesce. Ogni aiuto è benvenuto e di fronte al cuore che dona, la Madonna benedice». 

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