L’Alinari riapre a febbraio ma è polemica col Comune: «Il museo è boicottato»



«Nel giro di 15 giorni hanno fatto tre scioperi. Uno è durato tre ore, l’altro è stato fatto sotto Natale, l’ultimo è coinciso con i due giorni finali della mostra di Nino Migliori». Il commendator Claudio de Polo Saibanti, presidente della Fratelli Alinari Fondazione per la storia della fotografia, non intende rispondere alla vertenza aperta dal sindacalista Usb Sasha Colautti per conto dei tre lavoratori a termine del’Aim, l’Alinari Image Museum, con un sciopero a oltranza proclamato due giorni prima della scadenza dei contratti, benché non è che non ci siano stati problemi al Bastione Fiorito del Castello di San Giusto, dove si è insediato il museo nell’ottobre 2016. L’altro giorno al posto del cartello “Chiuso per sciopero” ne è apparso uno diverso dove si annuncia che l’Aim riaprirà i battenti il 9 febbraio con le fotografie di Folco Quilici “I mari dell’uomo” (che è anche il titolo di un libro Alinari del 2008 e di una mostra itinerante in viaggio da 10 anni).

Il museo, insomma, chiude tre settimane ma solo per il riallestimento di una mostra. Dopo si vedrà. Il rinnovo dei contratti ai tre dipendenti, chiesti dal sindacato Usb, non è all’ordine del giorno. «Vedremo», si limita a dire il presidente di Alinari, che intanto anticipa una riduzione d’orario dell’Aim (dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 17) che prelude a una riduzione di personale. «Abbiamo visto che nell’intervallo di pranzo non viene nessuno», spiega de Polo, che non le manda dire a Colautti. «A Natale ha messo la bandiera dell’Usb sopra il nostro televisore. Su un manifesto ha scritto: “Vergognatevi. Fate lavorare le persone gratis”. Se uno riceve i soldi con un po’ di ritardo non è che lavora gratis. Viene pagato un po’ più lentamente» . E ancora. «È falso affermare che gli stipendi siano arrivati con picchi di tre mesi di ritardo. I lavoratori sono stati al massimo un mese e mezzo senza paga. E ad oggi sono stati pagati del tutto», precisa de Polo. E le accuse di un museo «privo di manutenzione e pieno di problemi», a partire dal riscaldamento? Falso, sostiene de Polo: «La tecnologica multimediale dell’Aim rimane all’avanguardia. In due anni e mezzo abbiamo avuto solo due lettere di protesta e abbiamo rimborsato i biglietti. Nessuno poi ci ha segnalato problemi al riscaldamento». Non c’è però solo Colautti nel mirino di de Polo. Il presidente della Fratelli Alinari non ha digerito gli apprezzamenti di Giorgio Rossi. «Sono molto contento che l’assessore di origine istriana definisca Alinari una zattera, come quelle che navigano tra Rovigno e Capodistria. In due anni e mezzo nove mostre con nomi come Sellerio, Zannier e Capa. Capa multimediale è stata fatta in prima mondiale a Trieste». Resta da capire la scarsa affluenza di pubblico. Poche migliaia a fronte dei 125 mila che visitano ogni anno il maniero di San Giusto. Colpa probabilmente del biglietto troppo caro: sette euro, a cui vanno aggiunti i tre euro per il Castello. «Il numero di visitatori è la parte dolente dell’Aim, ma c’è un problema di base: chi vuole visitare le mostre dell’Aim deve pagare una marchetta di tre euro al Castello - attacca de Polo -. In due anni e mezzo non sono riusciti a fare un biglietto solo per l’Aim. Una cosa vergognosa. La mostra di Capa a Parma, con biglietto a nove euro, ha fatto il triplo dei visitatori di Trieste. La differenza è che lì il Comune ha fatto marketing. A Trieste, invece, la biglietteria del Castello non offre ai visitatori il biglietto dell’Aim. Siamo praticamente boicottati». —



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