L’annuncio di Sgarbi: nel 2011 la Biennale approda in Porto Vecchio

Nel 2011 la Biennale Arte di Venezia avrà una “succursale” anche a Trieste, probabilmente in Porto Vecchio, dove esporranno una quarantina di artisti del Friuli-Venezia Giulia: è il progetto di Vittorio Sgarbi, fresco Sovrintendente ai Musei Statali di Venezia (la carica sarà operativa dal 14 giugno) e insieme curatore del Padiglione Italia della Biennale proprio nell’anno del centocinquantenario dell’Unità d’Italia
Vittorio Sgarbi
Vittorio Sgarbi
VENEZIA Nel 2011 la Biennale Arte di Venezia avrà una “succursale” anche a Trieste, probabilmente in Porto Vecchio, dove esporranno una quarantina di artisti del Friuli-Venezia Giulia: è il progetto di Vittorio Sgarbi, fresco Sovrintendente ai Musei Statali di Venezia (la carica sarà operativa dal 14 giugno) e insieme curatore del Padiglione Italia della Biennale proprio nell’anno del centocinquantenario dell’Unità d’Italia.


Sgarbi, che da sempre pensa a un legame fra il capoluogo veneto e Trieste sull’arte contemporanea, ha le idee chiare: creare scambi tra la Biennale e i musei veneziani di cui avrà competenza, cioè le Gallerie dell’Accademia, la Ca’ d’Oro, il Museo Archeologico, il Museo d’Arte Orientale e Palazzo Grimani, e dare visibilità in occasione dell’anniversario nazionale agli artisti di ogni angolo della penisola, sul terreno della scoperta piuttosto che della conferma. Partendo da qualche sorpresa spiazzante sul concetto stesso di “arte contemporanea”.


Sgarbi, lei ha dichiarato che Mantegna e Tiziano sono moderni quanto le sperimentazioni alla Biennale: come sta progettando il Padiglione Italia?

«Ho in mente di portare Tiziano alla Biennale e Kiefer all’Accademia, ma soprattutto di spossessarmi della scelta degli artisti e farli indicare invece dai più grandi pensatori, filosofi e intellettuali internazionali che abbiano rapporti con l’Italia, a partire da Claudio Magris, Alberto Arbasino, Umbro Eco, Paulo Coelho, Dominique Fernández. Chiederò loro qual è il miglior artista italiano degli ultimi dieci anni. Del resto a scoprire Tiziano è stato uno scrittore, Pietro Aretino».


Come coinvolgerà nella Biennale le altre città italiane?

«Nel 2011 la Biennale conterà circa mille artisti italiani, dei quali 300 esposti fra Venezia e il Maxxi di Roma, che faranno da poli centrali, e 700 distribuiti in tutte le venti regioni che ospiteranno altrettante “sedi distaccate”: a Torino sarà la Venaria, a Milano il Pac, a Trieste sarà il Porto Vecchio».


Vaglierà anche altre sedi triestine?

«Il Porto Vecchio mi sembra il luogo più giusto, oppure anche il Salone degli Incanti, ma so che viene già usato per l’arte. Parlerò col sindaco Di Piazza perché la città mi dia il luogo più rappresentativo: essendo legata ai 150 anni dell’Unità d’Italia, si tratta di un’iniziativa ufficiale».


Gli artisti esposti a Trieste saranno di provenienza regionale?

«Certo. Il Friuli Venezia Giulia esprimerà quaranta artisti di diverse generazioni e anche di età matura, ma che hanno apportato qualche novità negli ultimi dieci anni. Ci saranno di sicuro Giuseppe Zigaina, Franco Dugo, Serse Roma, Giorgio Celiberti, il fotografo Italo Zannier. Penso anche all’artista triestina Alice Psacaropulo: ha 89 anni e lavora dagli anni ’30, mi pare sia il momento di farla vedere un po’ di più. E poi Gillo Dorfles, con le sue opere pittoriche».


È vero che, a Venezia, vorrebbe riportare il Padiglione Italia dalle Tese dell’Arsenale ai Giardini?

«Ho chiesto di effettuare questo spostamento proprio per il 150mo anno dell’Unità d’Italia. Appena saputo della mia nomina, in gennaio, è la prima cosa che ho detto al Ministro Bondi che poi l’ha chiesto al presidente Paolo Baratta, ma senza risultato. Ora valuterò se la proprietà è del demanio o della Biennale, e comunque parlerò direttamente con Baratta».


È in buoni rapporti col Presidente della Biennale?

«Ottimi. Ci conosciamo da quando ero un bambino. Tra l’altro, come sindaco di Salemi, sono titolare di una delle collezioni di cinema più ricche esistenti in Italia, il Fondo Kim di circa 155mila pellicole, che prima apparteneva a un collezionista di New York. Fra la Biennale e Salemi era già iniziato un gemellaggio affinché, con il settore cinema, potessero venire a studiare il fondo. Dal punto di vista del peso operativo poi il Soprintendente dei musei ha più potere del presidente della Biennale, quindi potrò certamente avanzare delle proposte e valutare un dialogo fra lo Stato e la Biennale stessa».


Sta pensando a un progetto congiunto per i Musei statali di Venezia e la Biennale Arte?

«Nel 1980 ero a Venezia come funzionario delle Belle Arti. Luigi Carluccio, mio amico e direttore del Settore Arti Visive, chiamò Balthus che voleva come sede l’Accademia, occupata però da dei lavori. Fui proprio io a trovare una sede alternativa: pensai che, al posto della Chiesa di Santa Maria della Carità (facente parte delle Gallerie dell’Accademia, ndr.), sarebbe stata giusta la Scuola di San Giovanni Evangelista. Così la mostra di Balthus, cuore della Biennale, fu fatta in un edificio storico: un’anticipazione di quello che vorrei fare adesso».


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