L’antica arte dei maestri d’ascia «Ridiamo vita a vecchie barche»

Odilo Simonit e Paolo Skabar del cantiere Alto Adriatico Custom: «Adesso stiamo lavorando su una barca del 1907, un 6 metri trovato in uno stato pietoso»



Intagliare, levigare, smussare e incollare. Il legno è stato il primo materiale che ha reso possibile la navigazione per l’uomo e, come dice il mastro d’ascia Odilo Simonit, «fino a quando ci sarà la legna nel bosco la barca si potrà riparare». Simonit assieme a Paolo Skabar sono due dei tre mastri del cantiere Alto Adriatico Custom nato nel 2006 da una costola dell’Alto Adriatico 1977 (vedi articolo vicino) dal quale si è staccato nel 2008 e oggi può contare sulle competenze del mastro Federico Lenardon considerato il progettista erede di Carlo Sciarrelli. «Principalmente – racconta Simonit – il nostro lavoro è incentrato sul restauro, ad esempio ora abbiamo in cantiere uno scafo del 1907, un 6 metri s. i. classe metrica di 11, 9 metri. È stato trovato in un bosco in condizioni pietose, tra un po’riprenderà a navigare nonostante qualcuno pensasse che non fosse possibile. Spesso qua arrivano dei “mucchi di legno”, da quelli rinascono delle imbarcazioni con il fascino di una volta perché il nostro obiettivo è di riportare all’originale e dare una nuova vita al legno che in linea teorica è eterno se debitamente mantenuto».

Dal tempo dei fenici che costruirono le prime barche in legno le tecniche sono cambiate anche se in maniera non radicale come si potrebbe pensare: «Quello che ha fatto la differenza sono i collanti. Oggi con la tecnica dello “strip planking” non si usano più le metodologie del passato, con il fasciame che viene steso da prua verso poppa e viene poi rivestito con fasce di legno posizionate a 45 gradi rispetto all’asse longitudinale e incrociate tra di loro, che consentono agli scafi di avere la robustezza delle barche in plastica. Anche a livello di manutenzione la differenza è pressoché minima con quella ordinaria che deve essere fatta almeno una volta all’anno. Per quanto riguarda invece gli scafi costruiti con le tecniche del passato ovviamente serve cura e costanza perché i ritardi portano a un deterioramento più importante rispetto alla vetroresina». Quello del mastro d’ascia è un lavoro che ancora oggi richiede molta dedizione, per potersi fregiare del titolo è necessario un percorso con almeno 36 mesi di praticantato in un cantiere al termine del quale si sostiene un esame nella Capitaneria di porto di competenza. «Poi – aggiunge Simonit – la differenza la fa l’esperienza visto che una barca in legno non è mai uguale a nessun’altra. Ogni cantiere inoltre ha il proprio stile quindi serve sensibilità e pratica, un po’come nella vela dove non si finisce mai di imparare». –



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