L’appello del Papa in Bulgaria: non chiudete la porta a chi bussa

Il Pontefice a Sofia: «Voi conoscete la sofferenza dell’emigrazione, in due milioni partiti alla ricerca di lavoro». Esortazione all’avvicinamento fra cattolici e ortodossi
Foto Vatican Media/LaPresse05-05-2019 Sofia - BulgariaCronacaViaggio Apostolico di Papa Francesco in BulgariaNella foto: visita al Patriarca S.S. NeofitDISTRIBUTION FREE OF CHARGE - NOT FOR SALE
Foto Vatican Media/LaPresse05-05-2019 Sofia - BulgariaCronacaViaggio Apostolico di Papa Francesco in BulgariaNella foto: visita al Patriarca S.S. NeofitDISTRIBUTION FREE OF CHARGE - NOT FOR SALE

BELGRADO Un messaggio forte a favore dell’accoglienza dei profughi, espressamente rivolto al popolo bulgaro ma pensato implicitamente per un’Europa sempre più chiusa in se stessa. Un appello a fare di più contro il fenomeno delle culle vuote e dell’emigrazione, che mina alle basi il futuro dei Balcani e dell’Est Europa. E la sollecitazione a valorizzare ciò che unisce cattolici e ortodossi, non a evidenziare le differenze.

Sono i messaggi lanciati ieri da papa Francesco a Sofia, prima tappa di un breve ma intenso tour balcanico del pontefice tra Bulgaria e Macedonia del nord, un viaggio storico in Paesi a maggioranza ortodossa con minuscole minoranze di fede cattolica, voluto anche per avvicinare la Chiesa di Roma a quelle locali. Francesco a Sofia ha voluto porre l’accento sul dramma dei migranti e dei profughi. «A voi, che conoscete la sofferenza dell'emigrazione, mi permetto di suggerire di non chiudere gli occhi, il cuore e la mano, come è nella vostra tradizione, a chi bussa alle vostre porte», ha detto Francesco in Bulgaria, nelle prime parole pronunciate da un Papa nel Paese da 17 anni a questa parte – il primo e l’ultimo a mettervi piede fu Giovanni Paolo II, nel 2002.

Ma la Bulgaria non è solo un Paese di passaggio per tanti disperati. Rimane anche e soprattutto terra di emigrazione, come tutte quelle dell’Est e dei Balcani, afflitte da culle vuote e persone con le valigie in mano, in cerca di un futuro migliore all’estero. «Due milioni» di bulgari sono partiti «alla ricerca di nuove opportunità di lavoro», ha ricordato il pontefice.

Nel frattempo, sul Paese è sceso un «nuovo inverno: quello demografico, una cortina di gelo su tanta parte dell'Europa, conseguenza del venir meno della fiducia nel futuro». Bisogna fare di tutto per rallentare questa tendenza, calo delle nascite e intenso flusso migratorio, che ha «comportato lo spopolamento e l'abbandono di tanti villaggi e città». «Vorrei incoraggiarvi - ha detto il pontefice - a compiere ogni sforzo per promuovere condizioni favorevoli affinché i giovani possano investire le loro fresche energie per programmare il loro futuro personale e familiare, trovando in patria condizioni che permettano una vita degna».

In Bulgaria Francesco ha anche esortato a un avvicinamento tra cattolici e ortodossi, puntando sull’«ecumenismo del sangue, del povero e della missione» che unisce le due fedi. E nell’occasione ha lodato i santi Cirillo e Metodio, apostoli dei popoli slavi, «promotori di un'Europa unita e di una pace profonda fra tutti gli abitanti del continente», che hanno gettato «le fondamenta di una nuova arte del vivere insieme, nel rispetto delle differenze».

Il Papa ha ricevuto una degna accoglienza a Sofia, malgrado i vertici ortodossi abbiano rigettato l’idea di celebrare cerimonie religiose congiunte. Ha incontrato i vertici politici, il patriarca Neofit e il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa. E sono stati tremila i fedeli che lo hanno accolto nella piazza Sant'Aleksander Nevskij, nel cuore della capitale bulgara, per il Regina Caeli. Dodicimila sono stati invece quelli che si sono riuniti in piazza Knyaz Alexandar I per seguire la messa. «Siate testimoni vivi del Vangelo in ogni angolo di questa città», ha esortato Francesco, chiedendo ai cattolici di non avere paura «di essere i santi di cui questa terra ha bisogno».

Terra – quella dei Balcani – che necessita anche di una «purificazione dei ricordi» per creare le basi di una vera riconciliazione dopo un passato di guerre e divisioni, ha suggerito da parte sua il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, in un’intervista pubblicata non a caso sul belgradese Politika, il quotidiano più autorevole di una Serbia che per il Papa rimane off-limits. Lo è anche la Russia. Ma «devo farci un salto», ha promesso ieri - con una battuta - Francesco. —


 

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