Lauree fuori sede e stage Oltremanica «Ma il gruppo è unito come allora»

Piazza Oberdan, dieci anni fa. Il suono della campanella è ancora impresso nella mente dei 22 maturandi della terza A del Dante. Erano partiti in 30 in IV ginnasio, ma alcuni si sono persi per strada....

Piazza Oberdan, dieci anni fa. Il suono della campanella è ancora impresso nella mente dei 22 maturandi della terza A del Dante. Erano partiti in 30 in IV ginnasio, ma alcuni si sono persi per strada. Chi ce l’ha fatta, sembra avesse già le idee ben chiare una volta chiusi i libri dell’esame di Stato superato in quell’estate del 2008.

La porta verso il futuro per quasi tutti ha significato università e poi lavoro. All’estero sono andati solo due. Qualcuno ha fatto qualche chilometro in meno, andando a studiare in altre città italiane, tornando però poi “all’ovile”. La maggior parte infatti è rimasta in città. «Trieste attira tanto», commenta Nerina Gaglioti che, dopo una laurea in Architetturae, ora si occupa della comunicazione grafica per Eataly. Altre due compagne sono “architette”, Giulia Cossutti, impiegata in Area di ricerca, e Martina Sciolis. Ma ci sono anche ingegneri navali, avvocati, insegnanti, maestri, ricercatori, una regista, Laura Samani, che una dimora fissa non ce l’ha, («Vivo su Trenitalia, tra Trieste e altre città»). Sono in dirittura d’arrivo Giovanna Blasi, che è a Londra e, in attesa di trovare un vero impiego, fa la barista. Così come Leonardo Ottaviani, impegnato a terminare università e Conservatorio assieme. L’occupazione, in tempi di crisi, non ha tagliato le gambe a nessuno di questi ex liceali. Mentre si ribaltano le proporzioni se si parla di mogli, mariti e figli: solo in tre hanno messo su famiglia.

Montale e una versione in greco di Luciano, sembrano ricordare di quel 2008. «Ma bisogna chiedere a Nicolò Zarotti», dicono in coro. Zarotti sembra essere il fedele custode dell’eredità della III A: «Il fotografo, lo storico, il matematico…», dice Antonio Vatta. È lui che sa quanti erano in partenza e all’arrivo, chi ha preso 100 (uno, ma ci si aspettava una folla più numerosa). Il gruppo confida in lui, che è stato anche rappresentante d’istituto. Un gruppo, che «s’impegnava a scuola», aveva insegnanti «esigenti», ed è rimasto molto coeso, tanto che proprio lo scorso sabato ha organizzato un pranzo per i 10 anni dalla maturità.

Mancavano un po’ di persone, tra cui Jacopo Della Torre, che assieme a Tommaso Ramella e lo stesso Zarotti ha intrapreso una carriera accademica in settori diversi. Vatta invece è uno di quelli che è rimasto a Trieste ed è già socio di uno studio di ingegneria navale. «Non mi aspettavo così velocemente di fare esperienza, né di trovare lavoro così velocemente», dice. Giulia Mari invece, finita la pratica in tribunale, lavora a Milano come avvocato penalista. Stessa città di Rosa Fasan che, dopo la Normale di Pisa, fa la curatrice di mostre.

Zarotti invece è psicologo e ricercatore nel Regno Unito. Dopo 10 anni, ricorda il venerdì sera prima della matura. Visto il debito perenne in matematica, «decisi di imparare bene almeno due definizioni, funzione crescente e funzione continua, che erano le domande che erano state sbagliate all’orale prima del mio. La mattina dopo mi furono chieste solo quelle. Inutile dire che la ricordo ancora come una delle botte di fortuna più clamorose della mia vita».

Federico, un altro ex compagno, invece non si è laureato («ho iniziato Giurisprudenza ma ho capito che non era quello che volevo e ringrazio di non aver fatto l’università, perché ora ho già 8 anni esperienza di lavoro in un settore importante»), ma lavora da otto anni alle Generali, prima nel campo assicurativo ora come consulente finanziario. Se ripensa alla matura ricorda «il periodo dell’anno in cui ho studiato di più, la commissione mista che ci ha provocato un brivido lungo la schiena, anche se poi è andata bene, e le mille telefonate tra i compagni per sapere a che punto si era con lo studio». E fa un appunto al sistema scolastico di oggi: «Non ci prepara alla scelta, deve aiutare di più i ragazzi sul dopo». (b.m.)

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