L’azienda delle maxifuni non lascia ma raddoppia «Investimenti a Trieste»

«Non solo la Redaelli resterà a Trieste, ma rafforzerà lo stabilimento sul Canale navigabile, che è un fiore all’occhiello dell’azienda. Voglio sottolineare che Trieste è stata una delle principali ragioni per cui Teufelberger ha acquisito Redaelli dalla Severstal». A garantire questa continuità di presenza e di produzione è Giuliano Ambroset, che proseguirà con i nuovi proprietari austriaci il suo lavoro di amministratore delegato iniziato lo scorso anno al posto di Maurizio Prete. Tra l’altro il quarantottenne Ambroset conosce bene il contesto triestino e regionale, perché è pordenonese e perché nel 1995 si è laureato in ingegneria civile nell’ateneo tergestino. Tre anni dopo sarebbe entrato nello storico gruppo lombardo. E da Brescia, dove si trova per una riunione di lavoro, Ambroset traccia le linee strategiche della fabbrica triestina, regina delle funi, produttrice da Guiness dei primati. Fabbrica dove opera una quindicina di addetti. Lo fa partendo da una valutazione generale del mercato: «Trieste ha sofferto la crisi del comparto oil&gas, che ha segnato una flessione di quasi il 40%, flessione per fortuna bilanciata da altre tipologie di lavorazioni, sempre nell’ambito del sollevamento».
«In questa fase - prosegue il manager friulano - stiamo tarando il futuro assetto produttivo dello stabilimento, che vorremmo avesse maggiore flessibilità, maggiore capacità d’ampliare e di diversificare il “campionario”. Per questo abbiamo sistemato nuovi macchinari accanto a quelli che hanno permesso di preparare le funi da record».
Ambroset spiega che Redaelli non ha alcuna intenzione di mollare il comparto offshore, anche perché «ci attendiamo nel corso del 2017, dopo anni di forte volatilità, più stabilità nel prezzo del greggio». Comunque, le difficoltà attraversate dall’indotto petrolifero, in seguito al deprezzamento del brent, hanno inciso sulla velocità degli investimenti, per cui il potenziamento del sito e il reperimento di nuova manodopera a Trieste avverranno una volta verificato il classico intreccio di costi, benefici, mercato. Confermata anche la recente attenzione mostrata verso l’opportunità dei punti franchi, una volta che il loro trasferimento riguardi anche la zona del Canale navigabile (forse entro il 2017): «Cercheremo di capire meglio la portata del Punto franco, esaminandone i vantaggi. La nostra è un’azienda che esporta il 60% delle produzioni e quasi il 30% dell’export è destinato a paesi extra Ue». Gran parte del trasporto delle imponenti funi avviene via mare, utilizzando la vicina banchina di Frigomar gestita da Samer e da Artoni.
L’ultimo capitolo riguarda le relazioni industriali. Ambroset ha negato che vi sia un dialogo difficile con il sindacato, che nello stabilimento triestino è rappresentato soprattutto dalla Fiom. Fu proprio Fiom, nello scorso agosto, a sollevare un caso piuttosto inusuale, ovvero la firma dell’accordo integrativo avvenuta direttamente tra azienda e dipendenti, senza il coinvolgimento dei sindacati. Dal punto di vista tecnico-formale Redaelli, in virtù dei numeri dell’organico, lo ha potuto fare, come Ambroset ricorda. Per oggi alle 13.30 Fiom ha organizzato in fabbrica un’assemblea dei lavoratori.
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