“Luchetta”, tre giorni nel nome dell’impegno

Il Premio si amplia: serata e incontri con i protagonisti
Di Paola Bolis

Si scrive Premio giornalistico internazionale Marco Luchetta. Si legge come una delle iniziative nate nel tempo in omaggio alla memoria degli operatori triestini dell’informazione che nel 1994 morirono mentre erano impegnati a raccogliere immagini e testimonianze delle guerre nel mondo. Si pensa come un evento che punta alla dimensione di un media festival: Trieste diventa il luogo di un giornalismo che per tre giorni d’estate “esce” dal piccolo schermo, dalla carta stampata, dal web per parlare, dialogare, confrontarsi in prima persona con il pubblico.

È questa infatti la novità che il Premio Luchetta 2014 porta con sé, scandita anche dai sessant’anni dalla fondazione della Rai e dai cinquanta dall’insediamento della sede Rai Friuli Venezia Giulia. Accanto alla serata di premiazioni tenuta al Politeama Rossetti e trasmessa poi da Rai1, ecco dunque da oggi un ventaglio di incontri, dibattiti, proiezioni, mostre dedicate al mondo del giornalismo. Un giornalismo che è «lavoro sul campo», come annota il segretario del Premio Giovanni Marzini: professione che indaga, che si fa portatrice alla riflessione del pubblico di tragedie che continuano a coinvolgere i civili nel mondo. Con una considerazione particolare per i più indifesi, i bambini. Bambini come lo era quel 28 gennaio del 1994 Zlatko, il piccolo con cui la troupe della Rai di Trieste composta dal giornalista Marco Luchetta, dall’operatore Alessandro Sasa Ota e dal tecnico di ripresa Dario D’Angelo stava parlando nei pressi di una cantina adibita a rifugio nella città di Mostar, sotto assedio dall’esercito croato bosniaco, quando cadde una granata sparata dalle postazioni degli assedianti.

Luchetta, Ota, D’Angelo morirono, lasciando nel dolore a Trieste mogli e figli ancora piccoli. Ma i loro corpi protessero il bambino, che si salvò e che il Comitato sorto a Trieste di lì a poco aiutò ad andare a vivere in Svezia con la famiglia. Da quel Comitato, nel novembre del 1994, nacque la Fondazione Luchetta, Ota, D’Angelo e Hrovatin: quest’ultimo, Miran, assassinato in un agguato a Mogadiscio assieme a Ilaria Alpi il 20 marzo di quello stesso anno.

Da allora la Fondazione, nata per accogliere e sostenere i bambini affetti da malattie non curabili nei loro Paesi d’origine, di strada ne ha fatta tanta, ospitando nella casa di via Valussi e nelle altre strutture che poi si sono affiancate un migliaio di piccoli e supportando anche famiglie, grazie all’aiuto generosi di istituzioni e soprattutto di cittadini, e grazie a una rete di volontari che ogni giorno alla Fondazione si dedica.

«Avevamo due obiettivi: aiutare i bambini vittime di guerre e cercare di valorizzare una forma di giornalismo che ricerca non il successo ma la verità», dice la presidente della Fondazione Daniela Luchetta. Per questo, appunto, è nato il Premio giornalistico che giunge ora alla sua undicesima edizione. Promosso dalla Fondazione con la Rai, organizzato da Prandi Comunicazione & Marketing in collaborazione con Regione, Comune, Provincia e Camera di commercio e con il contributo di Wärtsilaä, Generali, Banca Popolare FriulaAdria Crédit Agricole e Fincantieri (hanno collaborato la Federazione nazionale della stampa e il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Il Piccolo è media partner), il Premio dunque si articolerà dunque nella serata “I nostri angeli” che, ripresa dai Rai 1, dopodomani si terrà al Politeama Rossetti condotta da Duilio Giammaria. Sarà l’evento finale, come si diceva, di tre giornate in calendario da oggi nel cortile e nella sala Predonzani del palazzo della Regione in piazza Unità, con una nutrita serie di ospiti.

«L’idea di ampliare il Premio è un altro modo concreto di ricordare Marco e i suoi colleghi - dice ancora Daniela Luchetta - puntando l’attenzione sul giornalismo di testimonianza e più in generale sul tema dei diritti umani. Ci piacerebbe che la manifestazione diventasse un punto di riferimento come sono nelle rispettive città Pordenonelegge ed èStoria a Gorizia. Nel tempo il desiderio di ricordare le persone che non ci sono più è diventato, con la Fondazione, un qualcosa di importante grazie anche alla città, alle istituzioni e ai cittadini che ci hanno sostenuto in modo forte in questi anni. Il Premio e la serie di eventi che gli sono collegati - conclude la presidente della Fondazione - vogliono anche essere un’occasione per restituire in qualche modo a Trieste un po’ di quanto Trieste ci ha dato».

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