Luchetta, tutti gli inferni del mondo

A luglio nella trasmissione “I Nostri Angeli” su Raiuno verranno proclamati i vincitori
Di Federica Gregori

di Federica Gregori

Scorrazzano sulle biciclettine o corrono dietro a una palla, incuranti di avere accanto il gotha del giornalismo schierato per loro. Sono i piccoli ospiti della Fondazione Luchetta, Ota, D'Angelo, Hrovatin per i bambini vittime della guerra, che hanno animato ieri mattina la presentazione dei finalisti dell’edizione 2012 del Premio giornalistico Marco Luchetta, in collaborazione con Rai e sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica. Tre i finalisti per le cinque diverse sezioni in cui si articola il premio, i cui vincitori verranno decretati nel corso della serata “I Nostri Angeli”, in programma a luglio e trasmessa da Raiuno.

Erano in tanti ieri, tra nucleo storico e “new entries”, i membri della giuria presieduta dal direttore di Raiuno Mauro Mazza. «Il Premio assume un sapore particolare ogni volta – ha detto Mazza - ora poi è sempre più difficile che gli editori acconsentano a trasferte per realizzare reportage. Il risultato è che, per portare a termine questi lavori, molti reporter rischiano del proprio, spesso senza nessun tipo di assicurazioni né garanzie. Restiamo a Trieste solo per poche ore ma la lasciamo più ricchi di quando siamo arrivati».

Sempre più caratterizzato internazionalmente, il premio si avvia a toccare il traguardo dei dieci anni a testimoniare un impegno che non accenna a diminuire, in un centro che parallelamente ha visto transitare, dal 1998, più di 700 bambini malati che vivono in situazioni di conflitto.

A Stefano Marroni l'onore di annunciare la prima terna di finalisti: la strage di bambini, uccisi a centinata in Siria nei mesi convulsi della rivolta, è al centro del servizio di Fergal Keane per Bbc, mentre Andrea Nicolas, ancora per il network britannico, guarda ai rischi che affrontano i bimbi di un villaggio indonesiano alluvionato per raggiungere la scuola attraversando un traballante ponte tibetano; infine Tiziana Prezzo, che documenta la vicenda dell'orfanotrofio di Misurata nei giorni drammatici dell’assedio.

È il direttore della “Gazzetta di Mantova”, Andrea Filippi a presentare la sezione per il miglior articolo pubblicato su quotidiani e periodici nazionali. I giurati hanno selezionato le corrispondenze di Lucia Capuzzi, a raccontare gli effetti collaterali della narco-guerra in Messico, con gli insegnanti costretti a chiudere le scuole per scampare alle estorsioni dei cartelli della droga. I figli dei detenuti sono al centro del servizio di Luciano Scalettari, mentre Giancarlo Oliani accompagna il lettore in un viaggio nella Taranto dei veleni.

Introdotta dal corrispondente olandese Maarten Van Aalderen, la sezione “Dario D’Angelo” è riservata al miglior reportage internazionale. Tra i finalisti, Josè Miguel Calatayud per “El Pais” è riuscito a entrare nell'inferno di una prigione sudanese, documentando le penose condizioni dei bambini detenuti, costretti a convivere con criminali adulti.

Sulle tracce della violenza carceraria sui minori anche John Carlin, freelance britannico per “The Independent”, che getta uno sguardo sui bimbi africani rinchiusi nelle celle di Freetown in Sierra Leone tra sovraffollamento, abusi sessuali e malattie, mentre Christoph Prantner ha realizzato un toccante reportage sulla strage di Utöya.

Sono giornalisti «i cui volti non si vedono mai in tv ma che sono in prima linea, spesso quando altri colleghi si limitano a mandare i servizi dall'hotel»: così Paolo Petruccioli annuncia i protagonisti della terna finalista nella sezione “Alessandro Ota” per le migliori riprese televisive di un’emittente internazionale». Nella rosa, Tonia Cartolano di SkyTG24, autrice del servizio ma selezionata per le immagini di “Passaggio in india”, indaga le contraddizioni di un Paese in ascesa ma dal divario economico sempre più devastante tra ricchi e poveri. Altri finalisti, Claudio Rubino e Elio Colavolpe, entrambi di TG3 Agenda del mondo: quest'ultimo ha realizzato l'unico filmato esistente della battaglia di Tripoli nei giorni della caduta di Gheddafi.

Tre opere di grande e immediato impatto visivo dominano invece la sezione “Miran Hrovatin per la migliore immagine fotografica” presentata dallo storico corrispondente Rai da Mosca Sergio Canciani, da Pino Aprile e dal direttore del “Piccolo” Paolo Possamai. In questo caso la selezione è caduta interamente su freelance che – i giurati non si stancano di evidenziarlo – senza mandato né garanzia alcuna si mettono in gioco rischiando anche la vita. Con il suo bianco e nero pieno di luce Giuliano Camarda riprende dei soldati israeliani durante la demolizione di alcune baracche in un villaggio beduino: il particolare che colpisce è che i mitra imbracciati dai due, in primo piano, sono usati per “incorniciare”, in campo lungo, una donna col suo bambino che stanno subendo inermi lo sgombero.

«Mongolia, fuga dal grande freddo» è il titolo del lavoro di Alessandro Grassani, un'immagine dominata da una palizzata ai confini dell'enorme distesa di Ulan Bator, con una bambina relegata metaforicamente in un angolino, quasi schiacciata dalla densità e dall'estensione della metropoli. Gronda violenza e incute timore sin dalla prima occhiata «Nelle celle di Freetown, Sierra Leone». La durezza di sguardi e gesti dei detenuti immortalati dall'obiettivo di Fernando Moleres, tra giovani rinchiusi nell'angustia del carcere africano danno i brividi in un'immagine di grande presa emotiva sullo spettatore. La scelta di decretare un vincitore non potrà essere che ardua.

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