L’Unità d’Italia a Trieste raccontata dalla stampa di allora

Il biennio che va dal 1859 al 1861, definito “dei miracoli” per l'importanza politica e culturale degli eventi che in quei momenti si accavallarono vorticosamente, visto attraverso la lente dei...

Il biennio che va dal 1859 al 1861, definito “dei miracoli” per l'importanza politica e culturale degli eventi che in quei momenti si accavallarono vorticosamente, visto attraverso la lente dei quotidiani locali in italiano pubblicati a Trieste all'epoca: “L’Osservatore triestino” e il “Diavoletto”. Questo il contenuto dei tre volumi intitolati “Trieste 1859-1861 Lo sguardo della fedelissima sull’Unita d’Italia”, raccolta che sarà in vendita assieme al Piccolo, a partire da sabato, presentati ieri al Circolo della Stampa dal direttore Paolo Possamai, dallo storico Fulvio Salimbeni e dal curatore, Luciano Santin.

«Trieste nel corso della sua storia - ha ricordato Possamai - ha beneficiato di un florilegio di pubblicazioni giornalistiche. Indagare in quelle pagine serve a capire il processo dell’unificazione dell’Italia, le modalità e le emozioni con cui fu vissuto in queste terre. Il libro è ricco di dettagli e di aneddoti e la sua lettura potrà contribuire a capire come sia nato lo spirito patriottico di Trieste».

«Nel 1850 - ha spiegato Salimbeni - Trieste era ancora definita fedelissima, perché non aveva creato problemi all’Austria, ma 15 anni dopo era diventata la capitale dell’irredentismo. Questa trasformazione così rapida fu il prodotto del sovrapporsi di molti elementi. È in quegli anni per esempio che nacque la definizione “Venezia Giulia”, che richiamava da una parte la grande Venezia, dall'altra la gens Julia. Il termine divenne così una bandiera e se l'Austria avesse avuto il coraggio di riconoscere il federalismo, concedendo autonomia alle varie componenti etniche e culturali - ha concluso - non sarebbero mai sorti in queste terre le pulsioni indipendentiste. Vienna però non lo intuì».

«È interessantissimo capire come le vicende dell'epoca - ha sottolineato Santin - fossero proposte dai giornali in lingua italiana di Trieste e come venisse interpretata l'unificazione d'Italia. Le notizie sulla guerra arrivavano alla spicciolata, confuse. Più facile era rivolgersi alla Borsa, dove c'era il telegrafo. In quei servizi si ritrovano corrispondenze di guerra tragicomiche, si raccontano episodi di fratellanza. C’è stato un momento, lo si capisce dalle cronache, in cui a Trieste non si poteva corteggiare una donna senza citare Garibaldi».

Ugo Salvini

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