Tensioni al corteo pro Pal di Trieste: forzato un ingresso della stazione, poi il caos in città
La maggioranza resta pacifica, ma una parte dei manifestanti ha circondato la stazione ferroviaria per poi sfondare una delle porte: un agente è rimasto ferito

Tra i tanti fotogrammi di un corteo inizialmente del tutto pacifico resterà l’immagine delle famiglie con bambini e passeggini al seguito. Simbolo di una manifestazione certamente pacata ma che – in testa – a un certo punto è sfuggita di mano ed è passata sotto il controllo dei violenti.
Lo documentano i vetri rotti della stazione ferroviaria di Trieste: quelli degli ingressi del lato di viale Miramare che in serata un nutrito gruppo di esagitati, quando il serpentone ormai aveva raggiunto numeri importanti (c’erano oltre duemila persone), ha sfondato a calci per creare una breccia e cercare di raggiungere i binari.
Volevano l’assalto della stazione: era chiaro. E chissà come sarebbe finita. Tentativo non riuscito perché i poliziotti, dopo uno scontro corpo a corpo, nonostante il numero esiguo (erano solo in undici in tenuta anti sommossa) hanno respinto i facinorosi con i lacrimogeni. Un agente è rimasto ferito tagliandosi la mano mentre quegli stessi facinorosi distruggevano le vetrate.
Ma tutto è cominciato in modo decisamente calmo. Sono da poco passate le sei del pomeriggio quando piazza della Borsa comincia a riempirsi. «Palestina libera!», si sente al megafono. Ma il sentore della Digos è che la cosa non sarebbe finita lì. E infatti, dopo tre quarti d’ora di sole grida ritmate dai tamburi, i partecipanti decidono di incamminarsi lungo Corso Italia dando vita a una seconda fase. Ma senza preavviso alla Questura, dunque illegale
Ci sono centinaia di triestini che procedono ripetendo gli slogan gridati da chi sta in testa. In mezzo e in coda c’è gente di ogni età, moltissimi studenti. Coppie con figli e cagnolini al guinzaglio. Anziani, persone in carrozzina.
Davanti invece ci sono vari volti noti dei gruppi di antagonisti, visti in numerose proteste No Green pass, affiancati da decine e decine di giovani stranieri di numerose nazionalità. Sono giovanissimi, probabilmente minorenni o poco più che maggiorenni, riconoscibili per atteggiamenti e look nella sub cultura dei maranza.
Sono proprio loro, dopo un po’, a guidare il corteo. Hanno lo striscione in mano. Prendono la scena, assieme agli antagonisti. Alcuni hanno il volto nascosto da sciarpa e keifiah. «Siamo tutti anti sionisti», gridano. E ancora: «Palestina libera, resistenza vincerà».
«Trieste lo sa da che parte stare, Palestina libera dal fiume fino al mare». Insieme alle bandiere palestinesi si scorgono quelle della pace e di partiti come il M5s – che poi si dissocerà nettamente dalle violenze, condannate anche dal Pd, dalla Lega e da FdI – e di Alleanza Verdi Sinistra. Il corteo si ingrossa mano a mano che procede verso piazza Goldoni.
Dai primi quattrocento del presidio di piazza della Borsa, nel giro di un’ora si arriva a mille. E poi ben oltre. La situazione inizia ad assumere contorni diversi. I manifestanti camminano molto rapidamente, rendendo di fatto impossibile la gestione del traffico, letteralmente in tilt in tutto il centro. Tanto che in largo Barriera i manifestanti camminano tra le auto.
In piazza Garibaldi il corteo vira improvvisamente riprendendo la strada verso via Carducci e piazza Oberdan con l’obiettivo della stazione ferroviaria. Alle 19.45, quando il cordone raggiunge rapido la zona di via Ghega, i toni cambiano.
«Meloni a testa in giù», urla qualcuno dal megafono. In mezzo, tra insulti e sberleffi, finiscono i giornalisti (alcuni presi di mira personalmente) e forze dell’ordine. Alle 19.50, quando nel frattempo arriva voce di altri flash mob organizzati in serata davanti all’ospedale di Cattinara, il corteo è ormai a un passo dalla stazione.
E si capisce subito che gli undici poliziotti in tenuta anti sommossa non ce l’avrebbero fatta a fermare eventuali assalti. Un funzionario ordina di far chiudere tutti gli ingressi. Arriva la Polfer a dar man forte.
Ma i varchi sono molti. Chi è in testa inizia a scuotere violentemente i maniglioni delle vetrate sul lato di viale MIramare con gli altri dietro che li aizzano. E sfondano un vetro, attaccando fisicamente i poliziotti.
Gli agenti reagiscono con i lacrimogeni. Il giovane dirigente della Polizia di Stato Michele Amatulli, nonostante la tensione, riesce a gestire evitando che la situazione degeneri e fa circondare l’intera stazione.
I manifestanti allora ripiegano sulle Rive. Arrivano veloci in piazza Venezia e invadono le vie limitrofe innescando rapidi inseguimenti con la Polizia. I più violenti prendono a calci le auto posteggiate e circondano gli automobilisti.
Sarà l’ultimo colpo di coda di un corteo iniziato pacifico ma poi degenerato con le logiche del branco. Le famiglie con bimbi e passeggino a un certo punto avevano capito l’aria che tirava e, dopo il tentativo d’irruzione in stazione da parte dei violenti, se ne erano andate.
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