“Mecenati” poco generosi con il Verdi
I mecenati d’Italia si danno all’Opera. Preferiscono il melodramma ai musei. Ma non a Trieste, che rimane al palo, in fondo alla classifica dell’Art Bonus. Se in Italia più della metà dei finanziamenti privati (57% pari a 34.5 milioni) giunti attraverso l'Art bonus alle attività culturali va all'opera lirica, il Verdi di Trieste deve accontentarsi di 97 mila euro (118 mila con gli utili versamenti del 2016). A rivelarlo è un'inchiesta del mensile «Classic Voice» di febbraio. Riesce a fare peggio di Trieste solo il rinato Petruzzelli di Bari con 7.450 euro dove più che sponsor girano mazzette. Restano a guardare per ora Cagliari e Palermo che non si sono ancora attivati sul fronte dell’Art bonus. La Fenice di Venezia, invece, non compare perché gli accordi con i privati per il 2015 erano stati siglati prima dell’arrivo dell’Art bonus (2,2 milioni sono comunque i finanziamenti privati a bilancio).
La Fondazione lirica teatro Verdi di Trieste detiene anche uno dei più bassi contributi privati: nel 2014 con 399.500 euro (500mila nel 2015 inclusi i 97mila di Art bonus) stava davanti solo al Massimo di Palermo (77 mila euro) e al Comunale di Bologna (316 mila euro). Il confronto con Bologna è impietoso: il Comunale registra in assoluto l'aumento più consistente (dal 2,1% al 18,6% rispetto ai contributi pubblici), passando sa 310mila a quasi 3 milioni di euro. La Scala con 22,2 milioni di euro di finanziamenti privati per il 2015 supera per la prima volta la soglia del 50%, con 53,6% di contributi privati su quelli pubblici (41,6 milioni). L'Arena di Verona raddoppia l'entità delle sponsorizzazioni (dal 14,5 % al 39,2%, cioè quasi 6 milioni di euro) e nonostante questa rischia lo scioglimento per debiti pregressi. Pure l'Opera di Roma rialza la tesa portando a casa circa 2 milioni di euro in più.
A far fare brutta figura al Verdi di Trieste è anche il confronto con i teatri di tradizione che grazie all'Art Bonus hanno incamerato 5 milioni di contributi privati: dal Regio di Parma (1,6 milioni) al Comunale di Modena (1,3 milioni), da Reggio Emilia (839.450 euro) a Sassari (300mila euro). In compenso Trieste si fa notare per la trasparenza e la partecipazione. «Va segnalata una bella idea del Verdi che sul suo sito pubblica una lista delle erogazioni liberali effettuate con l’Art bonus. Sono elencati circa settanta versamenti (in realtà 55) - scrive Mauro Balestrazzi di Classic Voice -per una somma complessiva di 97 mila euro, alcuni dei quali a sostegno dell’attività 2015 e altri dell’attività 2016 (due persino per il 2017, ndr) Il dato interessante è che soltanto due contributi arrivano a 10mila euro (mecenati anonimi, ndr), gli altro sono dai 3.500 in giù, molti (circa la metà) di mille euro. Alla fine non un grande cifra, insomma, ma un segno concreto di attaccamento al teatro». Sarebbe anche vero se tra i contributi da mille euro non ci fossero nomi pesanti come Maria Enrichetta Carignani, Silvia De Longhi, Anna Illy, Denise Sfreddo, Furio Dei Rossi. Un gradino sopra ci sono Federico Pacorini (2.500 euro), Enrico Samer (3.000 euro) e Theodor Von Mautner Markof (2.500 euro).
L’effetto del sovrintendente Stefano Pace, arrivato dal Covent Garden, non si è sentito. Trovare soldi non è facile di questi tempi e da questi parti. «Queste classifiche lasciano il tempo che trovano spiega Pace -. Si confrontano dati non comparabili. Con l’Art Bonus siamo dovuto partire da zero. Nel passato c’erano molti più privati che contribuivano al teatro. Siamo riusciti a fermare l’emorragia per il momento. Abbiamo, per esempio, conservato le Generali che danno meno di 100mila euro e hanno lasciato la Scala, Santa Cecilia e la Fenice. Bologna, invece, può contare su un grosso contributo di Hera (che controlla AcegasApsAmga, dnr) che, invece, si è dimenticata di Trieste. Il vero effetto dell’Art Bonus si vedrà comunque quest’anno. Siamo pronti a cercare i contributi uno per uno». Una minaccia, più che una promessa.
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