Micoperi 7000, la piattaforma che ridiede fiato al cantiere

Una piattaforma off-shore da realizzare come diversificazione produttiva e rilancio degli stabilimenti. Fincantieri ci è già passata. Era il 1984, scalo e bacino erano vuoti, tremila famiglie...

Una piattaforma off-shore da realizzare come diversificazione produttiva e rilancio degli stabilimenti. Fincantieri ci è già passata. Era il 1984, scalo e bacino erano vuoti, tremila famiglie monfalconesi nell’angoscia. Fu una task-force guidata dall’allora sottosegretario Castiglione a organizzare un incontro tra il ministro Giuliano Amato, il sindaco di Monfalcone Saccavini, il vice di Trieste Seghene e alcuni sindaci della Bassa friulana. Ad Amato furono prospettate «le disastrose conseguenze - riferì il compianto Gino Saccavini - della possibile dispersione di un patrimonio ricchissimo di professionalità». Il ministro comprese e, attraverso le Partecipazioni statali, fece arrivare a Monfalcone la commessa Micoperi per il primo prototipo di piattaforma galleggiante, la 7000, una nave-officina semisommergibile munita di due gigantesce gru dalla portata di 7000 tonnellate ciascuna. Per realizzarla servirono due anni.

Il “mostro” (175 metri di lunghezza per 87 di larghezza e 43,5 di altezza) fu varato nel dicembre dell’86 e consegnato un anno dopo. Fu uno sforzo economico enorme che salvò il cantiere di Monfalcone dalla chiusura, anche se fu pagato a caro prezzo da Saipem. L’incrociatore portaelicotteri “Garibaldi” e le grandi passeggeri riportarono poi il cantiere di Panzano fuori dalle secche.

La diversificazione è stata una costante nel secolo di vita dello stabilimento navale di Monfalcone, passato dai primi piroscafi, ai transatlantici dell’epopea dei Cosulich (il “Saturnia”, il “Vulcania”), a quelli del secondo dopoguerra (la “Galilei”, l’”Eugenio C.”), alle mastodontiche navi cisterna da 250mila tonnellate di portata lorda, tra cui le petroliere Agip costruite per Snam e le Esso, una produzione entrò in crisi negli anni ’70 e si concluse negli ’80. Nel mezzo ci furono però anche i sommergibili per la Marina militare e, tra le due guerre, gli idrovolanti Cant e Cant Z, giudicati all’estero tra le migliori creazioni dell’epoca. Sull’onda della diversificazione, più modestamente, tra gli anni ’50 e ’60, il cantiere fu capace di sfornare anche i primi motoscafi in vetroresina su grande scala, i “Bora”, molti dei quali solcano ancora le nostre acque. E c’è ancora chi ricorda la grande festa che ci fu in officina quando, ai tempi di “Lascia o raddoppia?”, a ritirare il suo gioiello arrivò di persona a Panzano un certo Mike Bongiorno.(f.m.)

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