Monfalcone, «sì al maxiporto con Trieste, ma non sottomesso»

MONFALCONE «Ci diranno che Monfalcone non può finire sotto Trieste. Non ce ne frega niente». Quel “me ne frego” pronunciato dalla governatrice Debora Serracchiani, in merito alla fusione di Portorosega nell’Authority di Trieste, alla fine qualche strascico lo lascia a Monfalcone. Dopo aver aperto al maxiporto regionale, infatti, arrivano i distinguo e le precisazioni. E i mal di pancia.
C’è il sindaco Silvia Altran che, senza nominare invano il nome della governatrice, dice che «il sì rimane, ma non incondizionato». E di fatto risponde alla presidente della Regione: «Con Trieste non sotto Trieste. Bisogna discutere quale forma da adottare per la rappresentatività del territorio. La norma nazionale non è applicabile tout court alla nostra realtà - sottolinea Altran - quindi parliamone per capire quali attrattive dare allo scalo di Monfalcone». Il primo cittadino, dopo la “sbornia” del carnevale postumo monfalconese, ci ha meditato un po’. Entrando nello specifico della questione: «Ripeto le cose che diceva tempo fa il presidente della Provincia, Enrico Gherghetta, sul piano regolatore del porto: sono cose che vanno fatte, portate avanti. Per questo ripeto con e non sotto, abbiamo le nostre specificità e il nostro retroporto da valorizzare...».
Evocato Gherghetta, segue a ruota la telefonata del presidente della Provincia. Molto più esplicito su quel «non ce ne frega niente» di Serracchiani memoria. «È andata oltre le righe...», dice Gherghetta. E giù a spiegare la sua posizione: «La governance fra i porti è l’ultimo dei nostri problemi. Vogliano un piano regolatore del porto che sia di sviluppo, non di contenimento dello sviluppo - dice il presidente della Provincia - e dopo tre anni la lentezza con cui procede la Regione è a dir poco sospetta. Mi sono dimesso dall’Azienda speciale del porto proprio perché sono dell’idea che possiamo aprirci a tutti, però non possiamo permettere ad altri di venirci a bloccare».
L’allineamento dei pianeti con la bandiera del Pd, insomma, non sembra avere effetti fra Regione, Provincia e Comune di Monfalcone. Per cui? «Per cui no piano regolatore? No fusione - dice seraficamente Gherghetta - Il sistema migiore è garantire a Monfalcone uno sviluppo credibile e condivisibile con il territorio. Quando avverrà non saremo qui a fare la guerra delle poltrone. Ma questo non avviene ed è normale che guardiamo con sospetto a un’iniziativa di fusione, perché non abbiamo la certezza di tutela del territorio». La chiosa è eloquente: «Abbiamo paura che gli interessi di Monfalcone - manda a dire Gherghetta a Serracchiani - verranno dopo gli interessi del porto di Trieste».
Questa sera in Consiglio provinciale, sempre sponda Pd, Gherghetta sarà “superato” nei toni da Fabio Del Bello: «Le parole della presidente della Regione sono state irriguardose. Mi rifaccio all’onda alzata da Renzo Redivo, uno dei leader storici del Pci-Pds-Ds-Pd monfalconese, il quale pure lui annuncia il suo “chi se ne frega”! In sede di discussione dell’ultimo bilancio provinciale - dice l’esponente dem - realizzerà un ampio affresco consuntivo sui prinicipali nodi politico-amministrativi sul tappeto nell’Area Vasta isontino-monfalconese...». Nel mirino c’è la Regione che, stando a Del Bello, «non brilla in particolar modo per incisività» dal rilancio del porto alla situazione in Fincantieri, dall’integrazione logistica metropolitana transfrontaliera agli «obblighi elettorali e programmatici» che la giunta Serracchiani aveva assunto nella riconversione della centrale termoelettrica di alla tutela del Carso.
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