Morto il manager Agostino Della Zonca

Veneziano di origini istriane, aveva 70 anni. Fu protagonista dell’ascesa e poi del tracollo della storica Tripcovich
Di Gabriella Ziani

Protagonista della più grande ascesa e caduta economica della storia triestina al fianco di Raffaello de Banfield con il quale aveva fatto decollare, e poi drammaticamente crollare l’impero Tripcovich, è morto ieri a soli 70 anni Agostino Della Zonca, conte, veneziano di origini istriane, nato per un semplice caso della vita a Belluno, il 27 gennaio 1943, arrivato a Trieste all’inizio degli anni Ottanta.

Una breve ma terribile complicazione di malattia ha interrotto ieri la sua esistenza alla casa di cura Salus dov’era ricoverato, e ha lasciato in enorme sconforto la moglie e i tre figli. «Da bambini ci diceva “io sono la montagna”, “io sono il grande albero - ricorda, per i tre, Giovanni -, e adesso siamo increduli e attoniti, ha insegnato a me, alle mie sorelle e ai nostri figli che in fondo il senso più importante della nostra vita è fare non quello che è facile, ma ciò che è giusto, e anche cose antiche, semplici e vere: che dobbiamo difendere i deboli, che non si manca alla parola data, che non bisogna avere paura...». Anche in riferimento ai drammatici fatti Tripcovich, il fallimento nel 1994 da 200 miliardi di vecchie lire che lasciò l’anziano “Falello” de Banfield indigente e cacciato dalla propria lussuosa residenza, il suo approccio, racconta il figlio, era molto “sportivo”: «Diceva che esiste il bene, ed esiste il male, che l’importante è come le cose vengono fatte, che anche i fallimenti fanno parte delle cose che possono succedere. Peraltro - prosegue il figlio - quel fallimento non ne ha creati a catena nelle altre società, tutti i creditori sono stati pagati, nessun dipendente ha perso il posto».

L’avventura di Agostino Della Zonca comincia quando a 20 anni prende moglie a Trieste ed entra nell’azienda Zonca colori, poi fonda la Iccu Container, secondo il figlio «in soli 9 anni aveva costruito la settima azienda di container leasing del mondo. E il logo, col colore “bordeaux” dello smalto di mia madre, era stato inventato proprio da lei, nella cucina dell’appartamento di viale XX Settembre dove vivevamo».

Ma la storia prende poi velocemente tutta un’altra direzione. Dalla Zonca vende la Iccu e comincia ad acquistare azioni della Tripcovich messe in vendita nell’ambito della famiglia. La Tripcovich nel 1985 è un’azienda di rimorchi con partecipazioni nelle Assicurazioni Generali e nella Tergestea immobiliare, sede dell’impresa che Raffaello de Banfield (più musicista che imprenditore) ha ereditato dal padre, e che porta il nome della madre, Maria Tripcovich. Anche il Tergesteo verrà acquistato (e perduto). In poco tempo, una vera parabola di fuoco visto che la data del fallimento che porta de Banfield sul lastrico è appunto del 1994. La Tripcovich guidata dal conte Della Zonca fa una serie di spregiudicate acquisizioni, fino a portare la holding, una vera multinazinale, con oltre 124 società controllate, in Borsa prima a Trieste e quindi a Milano. Il crac, che oggi Giovanni Della Zonca spiega e giustifica anche con tempeste finanziarie dell’epoca e una svalutazione del 30% della lira che mise alle corde chi operava all’estero, partì con la società Eutochia (30 miliardi di lire di debiti) per estendersi via via ad altre, fino a inghiottire l’intero colosso Tripcovich di cui resta solo la gloriosa storia iniziata nel 1895.

“Tre vite in una” calcolava di aver vissuto il conte Agostino, che ancora nel 2013 aveva incrociato le cronache economiche, come curatore fallimentare a Potenza della Novaselect, azienda nell’orbita della Diaco laboratori di Pierpaolo Cerani, in seguito egli stesso fallito.

Ricostruire per intero quegli anni segnati dal binomio “nobile” de Banfield-Della Zonca, un’amicizia poi finita con gravi disaccordi (Agostino poco prima del crac era stato estromesso dal vertice della società), significa raccontare un “nodo” di storia che non ha smesso di produrre effetti. Al nome Della Zonca sono legati l’eterna operazione Porto vecchio (all’epoca sostenuta dalle Assicurazioni Generali), e il progetto di “off shore” patrocinato da Alfonso Desiata. Ma la famiglia ricorda anche il collezionista di libri, lo studioso di storia romana e napoleonica, il triestino “importato” che aveva nostalgia della bora se ne stava lontano, l’uomo che in casa non era potente, ma amava un bicchiere di vino guardando il mare. La data dei funerali non è stata ancora stabilita.

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