Morto l’agente del blitz al Fokker del ’72

Sei ottobre 1972: undici ore ad alta tensione all’aeroporto di Ronchi. Un ex parà, Ivano Boccaccio, tenta di dirottare un piccolo passeggeri Fokker. Chiede un riscatto di 200 milioni e un salvacondotto per prendere il largo. Inizia una lunga trattativa telefonica: l’equipaggio e i passeggeri riescono a mettersi in salvo. Ma la situazione scappa di mano: Boccaccio, solo nella cabina, lancia una bomba a mano contro gli agenti che in forze attaccano il piccolo aereo fermo sulla pista. Tre agenti, anzichè indietreggiare, riescono a nascondersi sotto un’ala del Fokker. Boccaccio, dalla cabina, esplode un colpo che colpisce a una mano l’appuntato di Ps Michele Barbarossa. I tre agenti - oltre a Barbarossa, l’appuntato dei carabinieri Alessandro Piscopo e il maresciallo di polizia Nino Valente - rispondono al fuoco: un proiettile colpisce Boccaccio alla testa e lo uccide. L’assedio finisce così.
A porre fine al tentativo di dirottamento è stato il proiettile sparato da Nino Valente, un poliziotto esperto e coraggioso, impiegato nelle emergenze più rischiose di quel periodo “bollente”, nel pieno della strategia della tensione a un paio d’anni dall’attentato che costò la vita a tre carabinieri a Peteano.
Mercoledì mattina Nino Valente, ormai 85enne, ha deciso di mettere fine alla sua vita. Ha preso a due mani il coraggio che certo non gli mancava e si è lasciato cadere nel vuoto in via Ferraris. La sua tragica fine non è passata sotto silenzio in città. E non poteva essere diversamente. Sono tanti ancora i testimoni di quell’assalto al Fokker sulla pista di Ronchi.
Il 6 ottobre 1972 certo è stato un giorno che ha segnato la vita a Nino Valente che nella sua successiva carriera è stato anche a capo del posto di polizia dell’aeroporto di Ronchi.
Quel 6 ottobre fu tutto un precipitare di eventi: all’alba, il dirottatore, rimasto da solo nell’aereo, aveva iniziato una lunga trattativa via radio con la torre di controllo, Diceva di avere con sè dell’esplosivo al plastico, insisteva sul riscatto e minacciava altrimenti di far saltare il Fokker. All’improvviso - come emerse dall’inchiesta - si sparse la voce che Boccaccio stava tentando la fuga. Fu allora che Nino Valente e gli appuntati Barbarossa e Piscopo si lanciarono sul piazzale, allo scoperto, nel tentativo di immobilizzarlo. Boccaccio rispose lanciando una bomba Srcm. I tre militi si accucciarono nei pressi della cabina con il dirottatore “a vista”. Scorsero una fiammata partire dalla sua pistola e un proiettile colpì Barbarossa alla mano. Iniziò il conflitto a fuoco. L’arma di Boccaccio - una Erma-La calibro 22 - quasi subito si inceppò. Non quella di Valente che sparò il colpo fatale al dirottatore. Si seppe poi che il tentativo di dirottamento era stato pianificato da Carlo Cicuttini, assieme a Vincenzo Vinciguerra, entrambi coinvolti nella strage di Peteano. Cicuttini fu condannato all’ergastolo per quella strage ma visse da latitante in Spagna: per due volte fu negata la sua estradizione . Fu estradato, ma dalla Francia, solo nel 1998 per scontare anche la condanna a 10 anni per l'assalto di Ronchi. Cicuttini è morto nell'ospedale di Palmanova il 24 febbraio 2010.(f.m.)
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