Morto per amianto, Comune di Trieste condannato

L’amministrazione dovrà versare oltre un milione di euro ai familiari di un ex dipendente ucciso da un mesotelioma
Una manifestazione davanti al tribunale per un'udienza del processo Persich
Una manifestazione davanti al tribunale per un'udienza del processo Persich

TRIESTE Oltre un milione di euro. È questa la cifra che il Comune dovrà pagare alla moglie e ai figli di un ex dipendente ucciso nel 2008 da un mesotelioma pleurico. Si chiamava Roberto Persich e al momento della morte aveva 46 anni. Per quattro anni aveva convissuto con la malattia.

La sentenza - che impone appunto al Comune di corrispondere agli eredi il 60 per cento del risarcimento, pari, tenendo conto di interessi e rivalutazione, a un milione di euro -, è stata pronunciata dal giudice del lavoro Silvia Burelli. Che, di fatto, ha accolto le istanze dei ricorrenti rappresentati dagli avvocati Corrado Calacione ed Ezio Bonanni. Il Comune - difeso dall’avvocato Pierpaolo Safret - è stato anche condannato a versare all’Inail (Istituto nazionale previdenza infortuni sul lavoro) l’importo di 297mila euro. Nei prossimi giorni gli avvocati della famiglia Persich notificheranno al municipio nella persona del sindaco Roberto Cosolini, il dispositivo della sentenza. Poi scatterà automaticamente il termine di 120 giorni entro i quali il Comune dovrà onorare il dispositivo della sentenza.

Dipendente morto per amianto Gli eredi: il Comune ci risarcisca

Roberto Persich aveva fatto il meccanico manutentore dei mezzi della nettezza urbana nell’officina di via Orsera tra gli anni Ottanta e Novanta, prima di essere promosso autista. I suoi attrezzi del mestiere erano tornio, carta vetrata e compressore d’aria. Non aveva mai indossato una mascherina. Il suo lavoro era quello di sostituire i freni, riparare le frizioni e montare i tubi di scarico. Pezzi all’epoca contenenti un buon numero di fibre di amianto, che tutti per decenni hanno ritenuto inoffensive. Ma al contrario tra gli anni ’80 e ’90 dello scorso secolo la ricerca scientifica ha fatto emergere che erano mortali: killer in agguato nelle officine, nei porti, nei cantieri edili, sulle navi e sui vagoni ferroviari.

L’inchiesta penale su questa vicenda si era bruscamente interrotta nel novembre 2011 quando il giudice Filippo Gullotta aveva emesso una sentenza di «non luogo a procedere» nei confronti dell’ingegner Fabio Devescovi, già direttore del Servizio nettezza urbana del Comune di Trieste. L’ingegnere, che doveva rispondere della morte del meccanico riparatore, era stato ucciso da un male incurabile. Ma Santina Pasutto, vedova dell’ex dipendente del Comune, non si era persa d’animo. Appena un mese dopo aveva presentato ricorso al Tribunale del Lavoro ai fini di un risarcimento da parte del Comune. Nella prima udienza erano stati sentiti alcuni ex colleghi e pure il titolare dell’officina privata in cui Persich aveva lavorato prima di essere assunto dal Comune. Poi il giudice Burelli aveva disposto altri accertamenti. Infine, dopo aver sentito le deduzioni degli avvocati del Comune, ha deciso e ha pronunciato la sentenza. Un milione di euro.

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