Mossi & Ghisolfi punta su Torviscosa

Il secondo gruppo chimico italiano realizzerà sette raffinerie di biocarburanti: una di queste potrebbe insediarsi nel sito friulano
Di Christian Benna

MILANO. C’è anche il “petrolio” del futuro nei piani di sviluppo di Torviscosa. La seconda società chimica italiana, il gruppo Mossi&Ghisolfi, per giro d’affari (oltre 3 miliardi di euro e 2200 dipendenti) dietro solo a Eni-Versalis, ha puntato i radar sul sito friulano per costruire una delle sette raffinerie che nel nostro programna produrranno biocarburanti di seconda generazione. Secondo le stime della società di Tortona, entro il 2022, la domanda mondiale di carburanti alternativi si attesterà intorno al 6-7% del totale. E serviranno, a livello globale, circa 2.200 impianti di questo tipo.

Inoltre, la nuova direttiva europea sul clean energy, in discussione al parlamento Ue in questi giorni, conterrà nuove misure per incrementare nel continente il consumo di biofuel, per una miscela che varrà oltre il 10% di un pieno di diesel o benzina, con l’obiettivo di diminuire la dipendenza dal petrolio. E il bioetanolo di seconda generazione, ricavato da scarti agricoli, una tecnologia tutta italiana brevettata da Beta Renewables (gruppo M&G), che trasforma gli zuccheri presenti nelle biomasse in alcol e prodotti chimici, si candida a fare la parte del leone in questa rivoluzione nel mondo dei trasporti e dell’energia. Un’occasione d’oro per il gruppo piemontese, già leader mondiale nel Pet, la plastica utilizzata nei contenitori per cibi e bevande, oggi all’avanguardia anche nel campo della chimica “verde”.

Nelle scorse settimane la multinazionale di Tortona ha inaugurato la prima bioraffineria a Crescentino (Vercelli) per un investimento di 150 milioni di euro,in joint-venture con i danesi Novozymes e il fondo americano Tpg, in grado di produrre 75 mila tonnellate all’anno di bioetanolo, generato con gli scarti delle produzioni agricole, paglia di riso e frumento, e canna dei fossi. «In cantiere in Italia abbiamo la costruzione di altri 5 o 6 impianti- spiega Guido Ghisolfi alla guida di Beta Renewables- guardiamo con attenzione al sud Italia, a siti industriali in via di dismissione, in Sicilia, Sardegna e Puglia, ma siamo molto interessati al nord Est, al granaio del paese, quindi anche al Veneto e al Friuli Venezia Giulia». Il riferimento è diretto a Marghera, «anche se la situazione è più complicata che altrove per il discorso legato alle bonifiche» e a Torviscosa, «che è un esempio ante litteram di bioraffinerie, per l’utilizzo della canna da zucchero ad uso chimico, nella fabbricazione di fibre artificiali». In questi giorni la regione Friuli ha dato il via libera al nuovo impianto di cloro soda della Halo Industry di Torviscosa, che entro il 2016 entrerà in produzione. Ma in arrivo sono altri investimenti che porteranno almeno 220 posti di lavoro, come ha ricordato il vice presidente del consiglio regionale, Paride Cargnelutti. Se dovesse entrare un peso massimo della chimica come M&G, il numero di assunzioni potrebbe salire creando anche le basi per un robusto indotto. Solo a Crescentino, che attualmente è la più grande bioraffineria del mondo, sono impiegate più di cento persone. «Il nostro progetto è di sviluppare una filiera sostenibile con gli agricoltori, utilizzando gli scarti dei campi – dice Guido Ghisolfi - A Torviscosa dobbiamo capire se ci abbastanza residue agricoli per dare vita a una filiera e se troveremo un partner per realizzare questa operazione». Per agevolare lo sviluppo di queste piattaforme tecnologiche “verdi”, i ministri delle attività produttive e dell’ambiente, Flavio Zanonato e Andrea Orlando, hanno firmato ad ottobre il decreto Bioraffinerie che fissa norme certe per la produzione biocarburanti di seconda generazione con tecnologie no food.

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