Museo nella Vittorio Veneto Progetto affidato a Genova

Sei giorni al traino di un rimorchiatore d’altura. Per trasferire l’incrociatore Vittorio Veneto da Taranto a Trieste sono necessarie con mare calmo dalle 140 alle 150 ore di navigazione. La risalita dell’Adriatico, secondo le stime dell’associazione che vuol realizzare a Trieste il primo museo galleggiante dedicato alla Marina militare, il trasferimento dell’ex ammiraglia della nostra flotta da guerra, non dovrebbe costare più di 80 mila dollari. Va tenuto conto però dello stato precario della nave. A bordo del Vittorio Veneto le quattro caldaie sono spente da tempo immemorabile, le turbine e i generatori di corrente elettrica sono fermi, tutti i sistemi d’arma sono stati disattivati. Lo scafo lungo 180 metri è in attesa da tempo del proprio destino: o viene trasferito nel Porto Vecchio di Trieste per farne un museo o sarà demolito in un cantiere o affondato in un braccio di mare scelto dai biologi per essere ripopolato. Tane per pesci e crostacei, lamiere da colonizzare per molluschi e alghe.
Per dare il “via libera” al trasferimento al traino dell’incrociatore i vertici della Marina Militare pongono una serie di condizioni molto precise, contenute in un documento ufficiale già illustrato in alcune riunioni preparatorie, una delle quali svoltasi nella sede della Capitaneria di Porto di Trieste alla presenza, tra l’altro, dei dirigenti del Propellers Club di Milano e della nostra città. Ecco le garanzie chieste dalla Marina per consegnare la nave.
Il Vittorio Veneto deve essere preso in carico da un ente istituzionale in grado di dimostrare di avere a disposizione il finanziamento necessario per realizzare a bordo dell’incrociatore il museo storico e per mantenerlo in efficienza. In sintesi dai sette ai 15 milioni di euro nei quali sono comprese le spese per la completa rimozione dell’amianto presente nella sala macchine, attorno ai tubi delle caldaie e in altri ambienti coibentati. Viene richiesto inoltre che la “musealizzazione” sia effettuata da personale specializzato.
Secondo il documento della Marina Militare, dovrebbe essere proprio l’Amministrazione regionale del Friuli Venezia Giulia a prendersi in carico la trasformazione in museo dell’ex ammiraglia. Ma i militari si spingono oltre nelle loro richieste e “esprimo il desiderio” che la musealizzazione sia curata e organizzata dal Museo Galata di Genova, coinvolto in un recente passato nella trasformazione in spazio espositivo del sommergibile Nazario Sauro, oggi visitato con grande successo proprio nel capoluogo ligure. Da 250 mila persone l’anno. La richiesta appare almeno spuria, perché le storie della Marineria ligure e di quella adriatica si sovrappongono solo in minima parte – la battaglia di Lissa ne è un esempio - e a Trieste c’è chi sottolinea ancora oggi la storica rivalità con Genova. Ma c’è di più. L’associazione “Incrociatore Vittorio Veneto,” che ha una propria sede in via Mazzini 30, “ha già contattato da tempo il direttore del Museo Galata, Pierangelo Campodonico che ha redatto un progetto di massima” un progetto presentato a Trieste senza alcun clamore mediatico, anzi molto silenziosamente, nel corso della riunione organizzata dal Propeller Club nella sede della Capitaneria di Porto
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