Nascosto dietro alla Transalpina il destino della storia e della città

All’inaugurazione della stazione, il multiculturalismo di inizio ’900 portò allo scoppio di una querelle sulla lingua da utilizzare nelle tabelle  

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La Stazione della Wocheinerbahn, Transalpina o Bohinjska Proga, fu inaugurata il 14 aprile 1906 dall’erede al trono Francesco Ferdinando, assassinato a Sarajevo pochi anni dopo. Lo stesso giorno della capolinea di Campo Marzio a Trieste. Ambedue le stazioni furono opera dell’architetto Robert Seelig, come si sa per il suo nome inciso nella pietra a Trieste, mentre per Gorizia si è limitato alla firma sui disegni. Di lui si sa che nel 1900 fu direttore dei lavori per il palazzo delle Ferrovie di Stato a Linz, nonché progettista di un paio di ville in Austria, pubblicate nel 1895 e nel 1898 sulla rivista “Der Architect”. Null’altro, nemmeno dove e quando nacque. In occasione dell’inaugurazione della stazione goriziana, nacque una querelle per il nome che si voleva mettere sulle targhe, “Görz-Gorizia”, senza la dizione slovena “Gorica”, ancorché l’edificio si trovasse nel territorio del comune di Salcano, di lingua compattamente slovena come oggi.

Nell’impossibilità di risolvere la questione in tempi brevi, le tabelle vennero tolte e quando Francesco Ferdinando scese dal treno inaugurale, trovò «una anonima stazione della Transalpina un Poste-restante del traffico, conosciuta solo dai locali, ignorata dai passeggeri in transito. Solo “Görz” compariva nell’orario ferroviario tra Plava e San Pietro, in tre lingue sul biglietto e annunciata dal capostazione al momento dell’arrivo. Era questo il destino di Gorizia: nascondersi nel traffico ferroviario come nella storia!», come ebbe a commentare Franz Xaver Zimmerman nel suo testo “Gorizia di ieri” del 1918.

Dopo la Seconda guerra mondiale, per la divisione del mondo in due blocchi si decise che il confine avrebbe fiancheggiato la linea ferroviaria, cosicché la stazione rimasta alla Jugoslavia divenne suo malgrado il simbolo della contrapposizione politica, etnica e culturale che si era verificata nel mondo e che a Gorizia si mostrava in tutta la sua evidenza.

Oggi, la stazione che le Ferrovie italiane chiamano “Gorizia Confine”, dopo l’eliminazione nel 2004 della rete che divideva in due la piazza, è ancora un simbolo, ma non di contrapposizione, bensì dell’unione ritrovata, ancorché da consolidare, celebrata con l’assegnazione a Nova Gorica del titolo di Capitale europea della cultura 2025, in collaborazione con la sorella maggiore, Gorizia, per una cultura volta al superamento delle barriere nazionali in una nuova Europa delle regioni. –

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