'NDRANGHETATrieste, preso il boss Cortese catturato al confine di Fernetti
Il boss è stato bloccato dalla polizia al confine con la Slovenia. Era ricercato quale autore mandante dell'attentato del 26 agosto scorso al procuratore generale del Tribunale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro

L'arresto di Antonio Cortese
TRIESTE.
Uno dei boss di maggior spicco della 'Ndrangheta calabrese è stato arrestato questa mattina a Trieste, alla frontiera tra Italia e Slovenia. Antonio Cortese, 48 anni, capo di una delle cosche più potenti di Reggio Calabria, era ricercato quale presunto autore dell'attentato del 26 agosto scorso al procuratore generale del Tribunale di Reggio, Salvatore Di Landro.
Ricercato da tempo e letteralmente braccato dalle forze dell'ordine nelle ultime settimane, Cortese stava rientrando dalla Romania a bordo di un pullman, confuso tra gli altri passeggeri. Nella sua borsa è stato trovato un computer ora nelle mani degli inquirenti, che sperano di trovarvi importanti informazioni.
Si ritiene che avesse in programma un incontro al confine. A intercettare il boss al valico di Fernetti sono stati gli agenti della Squadra Mobile di Trieste, di quella di Reggio Calabria e della polizia di frontiera. I dettagli dell'operazione verranno resi noti nel pomeriggio in due conferenze stampa contemporanee nelle questure di Trieste e Reggio Calabria.
Alle 2 di notte del 26 agosto 2010 una bomba era stata fatta esplodere davanti al portone di casa del Procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro. La deflagrazione aveva mandato in frantumi le finestre dell’abitazione. Fin dai primi minuti le indagini avevano individuato la pista di un'intimidazione della 'Ndrangheta calabrese, già protagonista di altri episodi del genere. Lo scorso gennaio era stata posta una bomba davanti la sede della procura di Reggio Calabria.
E nei mesi successivi sono state spedite buste, contenenti proiettili e minacce ad alcuni magistrati. Solo qualche settimana fa davanti al Tribunale era stato collocato un bazooka. Si era trattato dunque di un vero e proprio attacco alle istituzioni con un forte significato simbolico: il procuratore generale è la più alta carica rappresentate la funzione giudiziaria d'accusa. A eseguire il progetto intimidatorio sarebbe stato proprio Antonio Cortese, poi scappato in Romania.
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