Negli anni ’50 i profughi istriani: la morte di Marinella in baracca
Il campo ospitò la seconda ondata dell’esodo: oggi un museo riconosciuto a livello nazionale

Comune, Comunelle, Università e non solo. A Padriciano il Museo di Carattere Nazionale Crp compie vent’anni e dal 2024 è ufficialmente recepito all’interno della legge 92, che anch’essa compie vent’anni e ha istituito il Giorno del Ricordo dei martiri delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Perché in quegli spazi furono accolti una parte dei profughi dall’Istria, Fiume e della Dalmazia. Nel gelo di Padriciano morì anche una bambina.
È il 2004 quando, nelle sale della struttura, viene allestita una mostra permanente da parte dell’Unione degli Istriani, all’interno dell’ex Crp, centro raccolta profughi. Da allora lo spazio è diventato uno dei luoghi più visitatati nell’ambito dei cosiddetti “viaggi della memoria”, con la presenza di persone da tutto il mondo, comprese tantissime scolaresche.
«Il museo nasce come proposta del gruppo giovani del quale ero presidente – ricorda Massimiliano Lacota, alla guida dell’Unione degli Istriani – un’idea realizzata in occasione del 50esimo anniversario del ritorno di Trieste all’Italia. Da una prima mostra allestita l’esposizione è poi diventata permanente». E aggiunge: «Da quest’anno c’è stata una modifica della legge 92, che ha recepito il fatto che il museo di carattere nazionale è finanziato con un intervento ad hoc».
L’edificio è inserito nel più grande campo profughi creato in Italia per accogliere gli esuli istriani, fiumani e dalmati fuggiti dalle Venezia Giulia occupata dalla Jugoslavia. La struttura dell’immobile è rimasta inalterata rispetto alle origini e si trova nella parte destra dell’area. La storia completa del sito è riportata su www.padriciano.org, punto di riferimento per chi cerca informazioni o vuole prenotare una visita. Il comprensorio, nel suo complesso, è stato progettato per le forze armate angloamericane di stanza nel Territorio Libero di Trieste, poi dismesso e riutilizzato per far fronte all’emergenza profughi, dagli anni ’50, con un numero crescente di persone in arrivo, in particolare nel 1954 e 1955. Un sistema di fabbricati adattato per fornire ricovero e assistenza ai profughi istriani. Accanto alla palazzina attuale erano presenti anche alcune baracche in legno, anche queste usate un tempo come camerate, in seguito demolite. In quelle baracche morì nel 1956 Marinella di soli dodici mesi.
L’assetto attuale del museo si deve al lavoro, alla ricerca e all’impegno dei volontari dell’Unione degli Istriani, che nel tempo hanno creato e implementato una serie di ambienti che ricostruiscono il dramma dell’esodo, attraverso oggetti d’uso quotidiano ma anche grazie a scritti, foto e testimonianze. Il percorso espositivo mostra una lunga parete di volti, nomi e schede personali, che celano tante storie di chi ha trascorso una permanenza più o meno lunga nel campo. Ci sono poi mobili e arredi appartenuti a tanti esuli, e ancora immagini, le planimetrie del luogo, stanze ricreate come quelle che hanno ospitato per diversi anni famiglie, bambini nati e cresciuti all’interno del campo, dove erano presenti la scuola e spazi ricreativi.
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