Nel 1981 si acquistava con 350 lire e nove anni dopo sfiorava le 1.000

LA STORIA
Il caffè fece la sua originaria comparsa nel periodo pre-emporio triestino sul finire del 1600, ma già nel Settecento era la bevanda eletta da nobili e benestanti. Solo nel secolo successivo iniziò a diventare più accessibile allargando le maglie di coloro che ne apprezzavano la bontà. Ciò era dovuto al calo del suo prezzo, anche merito dell’incremento dei raccolti. Di certo però, il boom si ebbe nei due secoli successivi, XIX e XX, anche grazie allo sviluppo dei locali dediti al consumo che, non a caso, si chiamarono Caffè (in maiuscolo così da distinguerli dalla bevanda e dal prodotto).
Ma qual’era il prezzo che il triestino doveva affrontare? Be’, ricerche di statistica comparata sono in atto, ma già da ora possiamo contare su un notevole archivio documentale conservato dall’Associazione Museo del Caffè. Possiamo analizzare i macro dati, da cui si desume che nel 1981, una tazzina al banco costava 350 lire. Due anni dopo, il prezzo era incrementato di 100 unità e nel 1990 aveva sfiorato le 1.000 lire. Così, di anno in anno, nell’agosto del 2000 si raggiunsero le 1.500 lire, ultimo valore del passato conio prima dell’euro.
Quanto alla situazione odierna, invece, Laura Sircelli dell’omonima catena di esercizi pubblici, afferma che «servire un espresso di qualità a meno di 1,20 euro a tazzina è impossibile. Noi stessi, manteniamo i prezzi bassi considerando la situazione generale, ma i costi fissi aumentano sempre più. Sono a tutti noti gli incrementi dell’energia e, per noi, anche di gestione generale. Se poi sommiamo il pur corretto utilizzo dei nostri affezionati clienti di zucchero e latte, il margine si riduce ulteriormente. Bisognerebbe almeno – conclude Sircelli – legare una differenziazione alla qualità della materia prima offerta». —
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