Nel fango lagunare a caccia della corbola, esca prelibata

GRADO. Capita spesso notare, specie al mattino presto, comunque con la bassa marea, persone immerse nel fango fino al ginocchio. Transitando lungo la translagunare per Belvedere, ad esempio, questa...
GIANMARCO MARIN - MARCO BERNARDON
GIANMARCO MARIN - MARCO BERNARDON
GRADO. Capita spesso notare, specie al mattino presto, comunque con la bassa marea, persone immerse nel fango fino al ginocchio. Transitando lungo la translagunare per Belvedere, ad esempio, questa scena è piuttosto frequente. Si tratta di appassionati pescatori che vanno a procurarsi l’esca, la migliore esca che ci sia per la cattura determinati tipi di pesce. È la corbola, un piccolo crostaceo che al massimo raggiunge gli 8-9 centimetri, simile ai gamberetti, meglio un incrocio fra gamberetto e scampo.


La cattura di queste esche è piuttosto faticosa ma consente di avere a disposizione, gratuitamente, il cibo preferito da branzini, orate, mormore, corbelli e anguille. Si pescano in laguna e sono idonee proprio per la pesca in questo ambito. Si possono usare con la lenza e con il parangàl (palamito).


Per raccoglierle è necessario, dunque, entrare e far pressione nel fango con le gambe o con un badile in modo da far emergere in superficie le corbole. Bisogna peraltro conoscere i buchi che le corbole creano. E’ una cattura che fanno solo coloro che hanno imparato fin da piccoli a pescare e ad avere uno stretto contatto con la laguna e la pesca in generale, anche in mezzo al golfo.


Uno di questi esperti è Gianmarco Marin, conosciuto come Marco Bernardon, che ha imparato tutti i trucchi e il mestiere quando andava fin da piccolissimo a pescare con il nonno.


C’è intanto da ricordare che a breve inizierà la pesca sulla trezza che di solito vede coinvolti numerosi appassionati. Come allora non ricordare che per tanti anni, iniziata dal fotografo Caressa e poi proseguita dall’Azienda di soggiorno, si svolgeva puntualmente – di solito verso fine settembre – un’affollata gara di pesca, proprio sulla trezza.


Spari e riboni erano per la maggior parte i pesci che venivano portati a terra, ma i pescatori dilettanti (tre persone per ogni equipaggio, tutti a bordo di motoscafi personali che venivano ispezionati prima della partenza) riuscivano a pescare di tutto. Anche perché un tempo c’era davvero molto pesce più di oggi.


Ogni gara era divisa in due parti, entrambe spettacolari. La partenza e la gara in se stessa, quindi sul molo torpediniere la pesatura e il conteggio del pesce pescato e la proclamazione dei vincitori, talvolta con la festa finale a base di musica e degustazioni.


Una festa aperta al pubblico che partecipava sempre a questa semplice ma sentita iniziativa.
(an.bo.)


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