Nel “ranch” abusivo un rifugio di profughi

La baracca di via Commerciale alta doveva essere abbattuta già da tempo. Ultimamente è diventata meta di disperati
Di Gianpaolo Sarti
Lasorte Trieste 30/11/15 - Via Commerciale alta, Trenovia, Il Ranch
Lasorte Trieste 30/11/15 - Via Commerciale alta, Trenovia, Il Ranch

La scena è quella di un cancello aperto. Si sente un forte odore di bruciato, di carta e legna usate per scaldarsi. Vestiti e piatti sporchi abbandonati. Pentole, cartoni di latte, detersivi, materassi, bombole appoggiate sul pavimento e sul tavolo. E poi tanta spazzatura.

È così al “ranch”, la baracca abusiva di mattoni e lamiere che si trova in via Commerciale alta. Doveva essere abbattuta ma da qualche tempo è diventata un rifugio dei profughi. Secondo gli abitanti della zona si tratta di afghani o pachistani. Sono in tre, forse quattro, che abitano lì. Recentemente sono stati visti salire sul tram e scendere proprio all’altezza della capanna. Si guardano intorno e poi si infilano nella catapecchia per dormire. Di sera, chi abita nelle case vicine ha notato che dal camino si alza del fumo. Le tracce della presenza di persone sono inequivocabili.

La capanna la conoscono come il “ranch”: c’è l’orto, la casetta per gli attrezzi, un giardinetto. Si scorge dalla tranvia, quando i binari salgono verso l’incrocio con via degli Olmi, lì della svolta a destra che porta in strada Nuova per Opicina. Si tratta di una costruzione del tutto abusiva dove fino a un paio di anni abitava un uomo noto ai Servizi sociali e alle forze dell’ordine. Si chiamava Aurelio Antonazzi, era del 1930. Bizzarro, dicono di lui, dal passato misterioso. Nella primavera del 2013 era è stato trovato privo di vita, colto da malore. Da quella volta la “casa” è rimasta così: nel totale abbandono.

«Abbiamo individuato la ditta che provvederà a demolire questa costruzione fatiscente, ma prima bisognerà procedere con un intervento di bonifica. Quindi si proseguirà con un’azione di ripristino ambientale», aveva dichiarato qualche mese fa l’assessore Elena Marchigiani. Ma evidentemente il problema, con l’emergenza profughi, si è riproposto.

L’entrata su via Commerciale è sbarrata, quindi per accedere alla baracca è necessario passare da dietro, dal cancelletto che dà sui binari, a volte spalancato. Da una delle finestre si scorgono, all’interno, materassi, giacche appese alle sedie. Piatti sporchi, bottiglie, pacchetti di sigarette. Sul lato di un muro ecco un calendario, fermo al dicembre 2005. Fuori è pieno bottiglie di plastica. Quasi una discarica si direbbe, che fa tutt’uno con un cumulo di vestiti abbandonati sul pavimento. Più sotto, a fianco, si accede a un’altra casetta. Tutto è rimasto così, da quando Aurelio Antonazzi è morto. È una dimora seminascosta, oggi, per chi non ha riparo.

Abbiamo contattato gli eredi - fa sapere l’assessore Marchigiani - perché quella costruzione è abusiva e, come noto, va demolita. L’iter è in corso. Se in questo periodo c’è un’occupazione, se c’è qualcuno che ci vive, lo segnaliamo alle forze dell’ordine. Provvederemo a farlo al più presto».

Nella zona nessun allarme: l’area è piuttosto isolata e pochi si sono accorti del via vai, soprattutto serale, attorno alla baracca. «Non ho visto nulla», dice un signore che abita un centinaio di metri più in alto. «Non c’è niente di cui preoccuparsi perché spesso passano le macchine dei carabinieri per controllare».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo