Nella villa De’ Medici il mistero di Carlo H. Gradisca ora scopre un passato esoterico

La sua vicenda umana è avvolta dall’ignoto. Quello stesso ignoto che ha immortalato nei suoi racconti dal sapore gotico, intrisi di esoterismo e occultismo. Gradisca scopre la figura autorevole e in qualche modo inquietante di Carlo H. De’ Medici, il suo personalissimo Howard Phillips Lovecraft.
È uscita in questi giorni, edito dalla casa editrice romana Cliquot, “I Topi del Cimitero”, la seconda raccolta di racconti di Carlo H. (sta per Hakim) De’ Medici, edita per la prima volta nel 1924 per i tipi della Bottega d’Arte di Trieste. Ma dietro la pubblicazione del volume si nasconde un lavoro di ricerca altrettanto affascinante e avvolto dal mistero. Perché di De’ Medici, in realtà, si sa poco o nulla: il luogo di nascita (Parigi), e – per l’appunto – la permanenza a Gradisca d’Isonzo durante gli anni più produttivi della propria carriera letteraria. Nulla si sa della sua morte, né tantomeno della sua sepoltura. Come se l’autore avesse voluto cancellare ogni traccia di sé.
Il legame con Gradisca di De’ Medici è stato accertato grazie al decisivo contributo di Furio Gaudiano, noto appassionato e ricercatore di storia locale, nel ricostruire tutti gli spostamenti nella città della Fortezza. Guadiano è stato capace di scoprire non solo documenti che attestano la sua presenza in città, ma che la villa ove lo scrittore ha vissuto esiste ancora: si trova in via Gorizia, proprio di fronte all’antica hostaria Mulin Vecio. E non mancherà ora di incuriosire i gradiscani e non solo. «Quando una copia originale di Gomòria di De’ Medici fu recapitata all’indirizzo di Cliquot nel 2017 – spiega nella sua prefazione lo studioso Federico Cenci – nessuno poteva sospettare che stava per avere inizio la nostra più affascinante e rocambolesca avventura editoriale».
Studioso di scienze esoteriche e alchemiche, appassionato di Poe, Villiers de L’Isle-Adam e Huysmans, De’ Medici inseriva nelle sue storie elementi inediti e personali, frutto delle sue ricerche interiori, del suo cammino iniziatico, del lungo studio di antichi testi di occultismo: addirittura tre anni prima del grande Lovecraft.
«Per ricostruire la sua vicenda – spiega Cenci – abbiamo contattato l’esperto di avanguardie artistiche Guido Pautasso, l’unico studioso che avesse mai messo per iscritto il nome di Carlo H. De’ Medici. E che ricostruì lo strano intreccio intercorso fra l’autore e due notevoli esponenti della letteratura triestina dell’epoca, Anita Pittoni e Italo Svevo».
Ma oltre alla “pista triestina”, spunta quella di Gradisca, ove De’ Medici, stando alle sue stesse indicazioni contenute in Gomoria, scrisse parte del romanzo nel 1921. Notizia confermata dal fatto che alcune sue lettere autografe sono conservate negli archivi della biblioteca comunale. E poi, appunto, Villa De’ Medici. Un edificio a tre piani, con sei finestre sul lato lungo, solida e maestosa. Sopra il portone è conservato ancora, miracolosamente, lo stemma dei De’ Medici, che ha poco a che vedere con quello dell’omonima casata fiorentina (se non per la comune presenza di qualche bisante) ma contiene invece, dentro uno scudo più piccolo, un animale rampante sovrastato da un cane accucciato. La villa pare essere stata costruita proprio nell’anno di nascita dello scrittore, sulle ceneri di un’antica fabbrica di surrogati di caffè andata in fiamme – secondo i documenti– “per incendio doloso” e acquistata “dal ricco banchiere parigino De’ Medici”.
Il padre di Carlo, Giovanni Hakim, era un ricco banchiere ebreo parigino, mentre il nonno Giuseppe Hakim era stato amministratore della sinagoga Eliyahu Hanavi ad Alessandria d’Egitto. Che cosa abbia portato la famiglia Hakim (autorizzata ad aggiungere il cognome De’ Medici con regio decreto del 1889) a spostarsi da Alessandria d’Egitto a Parigi, e da qui nella periferica e minuscola Gradisca, è un altro mistero. Forse la presenza dell’antico ghetto ebraico fu decisivo per la decisione. Carlo si trasferì nella Fortezza dopo la morte del padre, nel 1900, assieme alla madre. Successivamente – forse dopo aver sperperato la fortuna di famiglia per i suoi studi magici e in qualche investimento sfortunato – lo scrittore “maledetto” vendette la villa e si trasferì da qualche parte in Lombardia. E da lì se ne perdono le tracce. —
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