Ok al memorandum sulla Via della seta, ma Salvini teme gli Usa

TRIESTE Alla fine il Memorandum con la Cina verrà firmato, ma ieri al vertice a Palazzo Chigi sono volate scintille. Matteo Salvini ha cercato di convincere Giuseppe Conte e Luigi Di Maio che sottoscrivere l’accordo con Pechino sarebbe un errore perché è uno schiaffo agli Stati Uniti. Ha lamentato di essere rimasto all’oscuro dei contenuti perché è stato gestito dal ministro per lo Sviluppo economico. Il leader 5 Stelle ha negato che ciò sia avvenuto: «Matteo, non è vero, tutto è stato fatto e seguito passo passo dal tuo sottosegretario Geraci. È lui che doveva informarti di quello che stavamo facendo, non puoi gettare la colpa su di me». Il punto, per il capo della Lega, è un altro: le conseguenze che l’Italia potrebbe subire da una rottura con Washington. E l’ambasciatore americano a Roma Lewis Eisemberger è stato chiaro negli incontri avuti in questi giorni con Giancarlo Giorgetti, col sottosegretario agli Esteri Guglielmo Picchi, fino a quello di ieri mattina con il responsabile della Farnesina, Moavero Milanesi.
Non è tanto il contenuto del Memorandum ad irritare gli americani. Il disappunto nasce dal fatto che un Paese del G7 come l’Italia, considerato da Washington come il miglior alleato in Europa, firmi un’intesa con Xi Jimping, l’avversario di Donald Trump, nel bel mezzo della più importante trattativa della storia sul commercio mondiale. Verrebbe meno la «solidarietà» tra le due sponde dell’Atlantico.
La vicenda assume connotati molto più pesanti perché l’Italia finisce in mezzo al grande risiko che Usa e Cina stanno combattendo. Quali possono essere le conseguenze per il nostro Paese? Tra i leghisti il timore è che gli Stati Uniti ce la facciano pagare, che le agenzie di rating, finora benevole nei nostri confronti, diventino impietose sui nostri conti pubblici, che i fondi di investimento americani non comprino più i nostri titoli di Stato, anzi comincino a venderli, portando lo spread alle stelle. L’unica possibilità che il Memorandum non venga firmato è un intervento diretto del presidente Trump, una telefonata al nostro premier Conte. Quindi nei prossimi giorni, prima che Xi Jimping arrivi a Roma, può succedere di tutto. Per il momento, però, si va avanti come deciso a Palazzo Chigi.
Appena finito il vertice, il premier ha varcato il portone di Palazzo Chigi e in Piazza Colonna ha detto ai giornalisti con grande soddisfazione che il Memorandum con la Cina verrà firmato senza modifiche. «Non mettiamo a repentaglio nessun assetto strategico, è un accordo non vincolante», rassicura. Conte conferma il rafforzamento della “golden power” per difendere gli interessi nazionali contro azioni predatorie sulle nostre infrastrutture, su porti e telecomunicazioni. Dopodiché avanti tutta con gli accordi commerciali con il Dragone che dovrebbe aprirci il loro mercato, incrementare le magre esportazioni italiane, se comparate a quelle della Germania e della Francia, facendo la felicità delle imprese italiane, ma anche del capo dei 5 Stelle. Sarà il ministro per lo Sviluppo economico che infatti firmerà il Memorandum e gli accordi commerciali quando, alla fine di questo mese, arriverà a Roma il presiedente cinese Xi Jimping.
«È un Memorandum – dice Luigi Di Maio – che permetterà alle nostre imprese di esportare più made in Italy anche in Cina. Gli Usa non devono preoccuparsi perché restano il nostro principale alleato. Ho apprezzato Trump quando ha detto “America first” e adesso io dico “Italia first”».
Fonti di Palazzo Chigi in serata fanno sapere non c’è stato alcuno sfogo del ministro dell’Interno al vertice: anche perché «il dossier Cina è stato costantemente seguito anche dal sottosegretario leghista Geraci». I 5 Stelle insinuano che Salvini stia facendo gli interessi degli Stati Uniti.
«Bisogna capire – dicono fonti vicine a Di Maio – se ci sono effettivamente problemi per la sicurezza o se si tende a scoraggiare questa intesa perché così facendo gli americani ci rimetterebbero. Noi dobbiamo guardare al nostro interesse senza farci spaventare da allarmismi interessati: si fanno approfondimenti, poi se non ci conviene vediamo. Ma non ci facciamo dettare dagli Usa la linea degli accordi commerciali».
I grillini inoltre sostengono che la Lega è spaccata: Michele Geraci e Armando Siri spingerebbero per fare l’accordo con i cinesi, Giorgetti dopo il suo viaggio negli States è tornato «istruito a dovere», Salvini è in difficoltà, ma si renderebbe conto che abbiamo tutto da guadagnare.
In tutto questo, il Financial Times scrive che l’Italia sta valutando la possibilità di avere prestiti dalla Banca asiatica per gli investimenti sulle infrastrutture, che è lo strumento finanziario che la Cina usa per costruire la nuova Via della Seta.
Un altro dito nell’occhio agli Stati Uniti. —
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