Omicidio nella villetta di Longera Venezia deciderà sulle attenuanti

La condanna a trent’anni per Radaman Tepeku, l’assassino di Bruna Cermelli, è sostanzialmente rimasta. La stessa del primo grado e la stessa dell’appello. Ma sono le attenuanti - che teoricamente potrebbero ridurre l’entità della stessa pena - che sono state ora messe in discussione.
Così ha deciso la prima sezione penale della Corte di Cassazione che ha annullato, solo in parte, la sentenza pronunciata nel marzo del 2015 dal collegio della Corte d’Assise d’Appello di Trieste riguardante uno tra i più efferati e disgustosi omicidi perpetrati a Trieste.
Bruna Cermelli era un’invalida e aveva 75 anni. E Ramadan Tepeku aveva addirittura dichiarato che la vittima ci aveva provato. Ora a decidere sul diniego delle attenuanti generiche sarà la Corte d’Assise d’Appello di Venezia. Davanti alla quale il giardiniere kosovaro (assistito dall’avvocato Cesare Stradaioli) dovrà presentarsi. I giudici della Corte d’Assise d’Appello di Venezia dovranno di fatto integrare le motivazioni della Corte triestina seguendo appunto le indicazioni della suprema Corte.
Perché, dopo questa pronuncia, in sostanza l’assassino di Bruna Cermelli potrà sperare solamente in una limitata riduzione della pena. In quanto i giudici della Cassazione hanno sostanzialmente chiuso ogni spiraglio riguardo la responsabilità dell’imputato nell’omicidio. E hanno anche definito una volta per tutte la condanna per la tentata rapina e la violazione dei sigilli della villetta di strada per Longera teatro dell’omicidio avvenuto il 13 marzo del 2013. Infine è stata confermata la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Trieste per quanto riguarda le parti civili, rappresentate dall’avvocato Luca Maria Ferrucci.
La ricostruzione dell’omicidio è agghiacciante. Bruna Cermelli era morta mentre quell’uomo - poi identificato in Tepeku - le stringeva sempre più forte le mani sul collo fino a soffocarla. In breve il cuore dell’anziana si era fermato. Quel giorno Tepeku - secondo la ricostruzione fatta propria dal pg di Trieste Carlo Sciavicco e confermata dai giudici della Suprema corte (lo stesso collegio che ha confermato pochi giorni fa l’ergastolo a Sabrina Misseri e alla madre Cosima Serrano per l’omicidio di Sarah Scazzi) - era stato sorpreso dall’anziana nella camera da letto mentre tentava di aprire la cassaforte. Dopo aver ucciso la donna, aveva ripreso a tentare di forzare la cassaforte asportando dal portello il tastierino numerico. Era fuggito gettando in un cassonetto per i rifiuti di via Canciani il tastierino stesso, con un paio di guanti da giardiniere e altri attrezzi.
Tepeku era stato arrestato quattro mesi dopo, in luglio, nelle vicinanze di Bologna. A lui gli investigatori dei carabinieri erano arrivati grazie al confronto delle tracce del Dna trovato nei liquidi organici sul luogo del delitto e di quelle sui mozziconi repertati dopo la sua prima individuazione. Una ventina di giorni dopo l’omicidio, Tepeku era ritornato nella villetta di strada per Longera. Ad accorgersi dell’intrusione erano stati gli stessi carabinieri durante un sopralluogo avvenuto il 21 aprile del 2013. Dagli accertamenti era emerso che l’impronta sinistra apparteneva alla suola sinistra di un paio di scarpe Clark sequestrate nel corso della perquisizione avvenuta al momento dell’arresto di Tepeku, appunto, nel luglio del 2013.(c.b.)
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