Monsignor Rocco ucciso in seminario a Trieste, i nipoti: «Finalmente è stata fatta giustizia»

Dopo la sentenza della Cassazione la famiglia valuta la causa civile. Don Piccoli resta ricoverato: incognita sul trasferimento in carcere

Maria Elena Pattaro
Monsignor Giuseppe Rocco
Monsignor Giuseppe Rocco

 

«Giustizia è fatta. A undici anni dall’omicidio nostro zio può finalmente riposare in pace». I nipoti di monsignor Giuseppe Rocco commentano con sollievo il verdetto emesso martedì dalla Cassazione nei confronti di don Paolo Piccoli, condannato in via definitiva a 21 anni e 6 mesi di carcere per aver soffocato e strangolato il confratello 92enne nella Casa del clero, nel complesso dell’ex seminario di via Besenghi. Stavolta la sentenza è inappellabile, ma i tempi della sua effettiva esecuzione sono un’incognita.

Monsignor Rocco assassinato a Trieste: condanna definitiva per don Piccoli: in carcere dopo l’ospedale
Don Piccoli

Omicida in ospedale

Don Piccoli, infatti, è ancora ricoverato all’ospedale Gemelli di Roma, dove si è sottoposto la settimana scorsa a un intervento chirurgico e dove ha appreso della condanna. «Non sappiamo quando verrà dimesso – dice l’avvocato Vincenzo Calderoni, che lo ha assistito in codifesa con Renato Borzone –. Ci sarà da valutare se le sue condizioni di salute sono compatibili con la detenzione carceraria, ma sarà un passaggio successivo».

Sembrava morte naturale, fu omicidio

Il sacerdote condannato ha accettato il verdetto, pur continuando a professarsi innocente. «Se in Cielo hanno voluto così, lo accetto», ha riferito il 59enne al suo difensore, che gli ha fatto visita in ospedale nei giorni scorsi. Don Piccoli, intanto, cerca conforto nella fede per affrontare il destino che lo aspetta. Anche sul piano ecclesiastico. «Ad oggi la Chiesa non ha preso provvedimenti ufficiali nei suoi confronti», afferma il legale.

In attesa che anche la giustizia canonica faccia il proprio corso, don Piccoli – oltre a espiare la pena – dovrà risarcire i tre nipoti della vittima che si sono costituiti parte civile nel lungo e tortuoso processo penale. La Corte di Cassazione ha confermato il pagamento di una provvisionale di 120 mila euro (40 mila per ciascun parente), cui vanno aggiunte le spese legali.

I nipoti stanno valutando se avviare una causa civile per definire in quella sede l’ammontare del risarcimento. Ma la priorità assoluta è aver ottenuto giustizia.

Le tracce genetiche, la cleptomania e le paure della perpetua
Lasorte Trieste 11/08/14 - Via Besenghi, Casa del Clero

“Finalmente giustizia”

«Sono soddisfatta dell’epilogo – afferma Grazia Maria Rocco – ora possiamo mettere un punto a una vicenda che è stata lunga e dolorosa per tutti noi. Lo zio ha finalmente trovato pace». Anche l’avvocata Antonella Coslovic condivide il sollievo e la soddisfazione dei suoi assistiti, che in primo grado erano stati seguiti dal padre Libero Coslovich, poi andato in pensione. «È stato un percorso lungo e articolato – afferma l’avvocata – ma alla fine si è riusciti a dimostrare che si trattava di omicidio ed è stato individuato il colpevole, che ora dovrà scontare la pena assegnata. Secondo noi non c’era alcun margine di dubbio: don Rocco era stato ucciso. I giudici hanno avvalorato la tesi della pubblica accusa, che noi come parti civili abbiamo sempre condiviso».

L’iter giudiziario

La vicenda ha avuto un lungo iter giudiziario, su cui martedì pomeriggio è calato il sipario. Nei primi due gradi di giudizio a Trieste il sacerdote era stato condannato a 21 anni e mezzo. Un primo ricorso in Cassazione aveva portato alla celebrazione di un nuovo processo davanti alla Corte d’Appello di Venezia, per un vizio procedurale. Nel processo bis i giudici lagunari si erano pronunciati confermando di nuovo la condanna. Di qui il nuovo ricorso agli ermellini, che martedì hanno confermato la sentenza, ora irrevocabile.

L’omicidio

Don Giuseppe era stato sorpreso nel sonno, all’alba. L’omicida – secondo la ricostruzione emersa in aula – aveva tappato naso e bocca all’anziano prete e poi stretto forte la gola, al culmine di una colluttazione.

Il corpo a corpo si sarebbe innescato quando la vittima aveva sorpreso don Piccoli intento a trafugare alcune statuette religiose. Un omicidio d’impeto, dunque.

In un primo momento, vista anche l’età del religioso, la morte era apparsa come un decesso naturale. Sono state le tracce di sangue presenti sulle lenzuola della vittima a destare l’attenzione degli inquirenti. A scoprire il corpo era stata la perpetua di don Rocco, Eleonora Dibitonto. La donna si era accorta dei segni sul volto e dell’assenza della catenina al collo del prete. —

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:cronaca nera

Riproduzione riservata © Il Piccolo