Orazi sconfigge il Teatro Verdi al Tar

“Com’è lunga l’attesa, perché indugiano ancor?”. Le parole di Tosca di Puccini (atto terzo) risuonano negli uffici della Fondazione del Teatro lirico Giuseppe Verdi di Trieste. È da settembre che Claudio Orazi, l’ex sovrintendente ora alla guida del Teatro Lirico di Cagliari, chiede di vedere i documenti che riguardano la procedura di nomina del nuovo sovrintendente e quindi il suo conseguente benservito con annesse questioni economiche. Il maestro Orazi, infatti, è stato messo alla porta il 27 febbraio 2015 dal consiglio di indirizzo della Fondazione del Teatro Verdi, presieduto dal sindaco Roberto Cosolini. Una scelta a sorpresa. La riconferma di Orazi appariva certa («Probabile, non sicura», secondo le parole di Cosolini) visto che era stato lui prima come commissario e poi da sovrintendente a mettere in salvo il teatro firmando il piano trentennale di risanamento in base al decreto Bray. Il consiglio di indirizzo, invece, a sorpresa, scelse l’architetto Stefano Pace pescato a Londra dalla direzione tecnica del Covent Garden (Royal Opera House). Il 3 marzo il ministro Franceschini firmò il decreto di nomina.
Tutto chiaro? Lineare? Nulla da nascondere? Certamente. Tuttavia l’amministrazione trasparente del lirico triestino non ha ancora consentito di consultare i verbali delle sedute dei consigli di indirizzo sulla modalità di scelta del sovrintendente. Il Teatro Verdi, tramite lo studio legale Anello & Partners di Roma, ha negato la copia dei documenti respingendo in toto l’istanza di accesso presentata da Orazi. E così è stato il Tar del Friuli Venezia Giulia a decidere con sentenza emessa il 10 febbraio scorso. I giudici del Tribunale amministrativo del Friuli Venezia Giulia hanno accolto la domanda avanzata dal neosovrintendente di Cagliari per ottenere i documenti che riguardavano la sua posizione di candidato alla poltrona di sovrintendente dell’Ente della città giuliana. Orazi aveva chiesto al teatro una serie di documenti tra i quali il verbale della seduta del Consiglio di Indirizzo del 25 febbraio 2015, relativa ai colloqui degli aspiranti al ruolo di sovrintendente. «Ma - si legge in una nota dei legali di Orazi - tale accesso, stando a quanto sostenuto dal Teatro, era stato negato in quanto presso la Fondazione non vi era alcun procedimento amministrativo in relazione ai colloqui, posto che il procedimento e la nomina del nuovo sovrintendente è di competenza del ministero».
Diverse, invece, le conclusioni del Tar. Il giudice amministrativo, respingendo integralmente le eccezioni sollevate dalla Fondazione del lirico triestino, ha espressamente riconosciuto come «non appare credibile la tesi…per cui i siffatti documenti non esisterebbero perché non afferenti ad un procedimento». Ed infatti lo stesso ha ribadito che nella procedura in esame l’organo dotato del potere di individuazione del nominativo è il Consiglio d’Indirizzo e non già il ministero. Per l’effetto, il Tar ha concluso «che gli atti siano e debbano essere detenuti dalla Fondazione medesima». Il tribunale ha ordinato al Teatro di esibire i documenti richiesti entro trenta giorni. Cosa che non è ancora avvenuta. Il termine ultimo dovrebbe scadere il 10 marzo.
Tra le richieste c’è anche quella di avere copia dei verbali «delle sedute del Consiglio di Indirizzo in relazione ai rapporti con Claudio Orazi nelle richieste da parte del presidente signor Roberto Cosolini». I legali del teatro parlano di una serie di attività parallele di Orazi relative a «promesse di premi di produzione da 100mila euro», «costi per il contratto di locazione immobiliare», «colloqui informali per la carica di sovrintendente», «promesse di riconferma», «scambio informale di notizie», «offerte di composizione bonaria», «trattative», «atti di rinuncia ad esperire azioni giudiziarie». Ovvero la vera materia del contendere che si potrebbe aprire a seguito dell’accesso agli atti ordinato dal Tar. Intanto la Fondazione del Teatro Verdi dovrà rifondere all’ex sovrintendente Orazi 1.600 euro di spese di giudizio per avere tenuto “secretati” gli atti richiesti. «Perché indugiano ancor?».
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