Ormeggiatori, la sicurezza nelle mani della tecnologia

Il gruppo locale inaugurerà martedì la nuova sede di Molo Fratelli Bandiera Organizzata l’assise nazionale della categoria con 200 delegati in arrivo

di Furio Baldassi

Esistono già dal 1919, per la precisione dal 1° giugno di quell’anno. Non manca molto, dunque, per il centenario di un servizio, quello degli ormeggiatori del porto, da sempre legato a doppio filo con la vita della città. Un “service” importante e quotato che nella settimana entrante è atteso da un vero tour de force di impegni. Si inizia martedì 14, con l’inaugurazione ufficiale della loro nuova sede hi-tech di molo Fratelli Bandiera (in realtà operativa da più di un anno ma mai presentata alla città) e successivo “likoff” per poi proseguire mercoledì e giovedì al Savoia Excelsior con l’assise nazionale della categoria, che farà confluire in città circa 200 ormeggiatori da tutta Italia e anche dall’estero e chiudere venerdì’ con una tavola rotonda alla Stazione Marittima con molti relatori di prestigio su “L’efficienza dei servizi relativi al sistema logistico: il ruolo e il contributo dei servizi dei porti”. Quella stessa richiesta di efficienza che, in effetti, è anche alla base dell’allestimento della nuova “casa” della categoria, come spiega il presidente della Cooperativa ormeggiatori, Giorgio Regolin. «Per tenere sotto controllo un porto delle dimensioni e delle caratteristiche di quello di Trieste, con un’area d’influenza che va dal Porto Vecchio al canale navigabile e poi ai pontili della Siot bisognava essere estremamente aggiornati e credo che ci siamo arrivati, sia pure con esborsi non indifferenti».

La nuova sala operativa, in effetti, parla da sola. Una serie di monitor e computer hanno costantemente sotto controllo tutta questa parte dell’Adriatico, dall’Istria in su, grazie al sistema Ais (acronimo che sta per Automatic identification system) che individua con tanto di nome tutte le navi in arrivo. Ai lati, le stanzette per il riposo degli uomini impegnati in turni per 24 ore su 24, 365 giorni all’anno), sono attrezzate a loro volta con radiotrasmittenti e monitor, per tenere sempre la situazione sotto controllo. Spetta poi ai piloti, d’intesa con la Capitaneria, avvisare gli ormeggiatori sulla destinazione finale, le caratteristiche dello scafo, le condizioni esterne eccetera. A quel punto entrano in scena gli ormeggiatori, 27 soci operativi più due amministrativi che con le loro sette motobarche (attive anche come servizio Aci del mare)fanno la spola tra i vari moli. Il famoso lancio della cima o della gomena, per dire, è solo l’aspetto più appariscente di un lungo lavoro di preparazione per far attraccare la barca. «Le difficoltà non mancano - conferma Regolin - perchè basta ad esempio una bora a soli 100 km/h per far scarrocciare i traghetti, che hanno poco pescaggio, e farci lavorare in condizioni di estrema difficoltà». Una lunga lista di apprezzamenti, appesa alle pareti, testimonia in effetti dell’apprezzamento, della Capitaneria in primis, per il lavoro svolto. E non a caso da queste parti si ricorda, con malcelato orgoglio, che i primi ad essere chiamati quando cessarono gli effetti del devastabnte incendio che distrusse un traghetto turco in arrivo a Trieste al largo dell’Istria furono proprio loro. «La barca era un tizzone fumante - ricorda Regolin - e le foto che abbiamo scattato all’epoca sono buone testimoni. Ciononostante, con lo scafo mezzo piegato, siamo riusciti a farla attraccare all’Arsenale».

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