Panificatori divisi, nasce il gruppo Confartigianato

Non si ferma la crisi che sta investendo i panificatori triestini: erano 120 i panifici che si contavano in provincia un decennio fa, oggi non ce ne sono nemmeno 70.
Una buona fetta di fornai, discostandosi da quanto dichiarato tempo fa dal presidente dell’Associazione cittadina e presidente onorario della Federazione italiana del settore Edvino Jerian, non punta il dito soltanto contro la concorrenza d’oltreconfine, ma accusa anche la divisione interna della categoria che ha portato a una scissione.
Molti panificatori lamentano di fare difficoltà ad arrivare a fine mese e la maggioranza dice di guadagnare meno dei propri dipendenti. Parecchi locali hanno ampliato la propria attività con un angolo bar e, di primo acchito, si potrebbe pensare che il rinnovamento sia il seguito di un cospicuo guadagno, ma non è così. La trasformazione è stata obbligata per dar respiro ai propri conti. La situazione dei più “piccoli” è ancora più peggiore: per alcuni i costi di produzione stanno diventando insostenibili, altri hanno dovuto abbassare le serrande dando l’addio al mestiere di una vita. Il tutto è poi condito dalla frattura della stessa categoria.
Franco Cocetti - titolare dei forni Viezzoli – attacca raccontando che l’Associazione panificatori di Trieste si è scissa a causa di un malessere che si avvertiva da tempo, poiché Jerian «anziché aver sostenuto i piccoli artigiani» avrebbe «preferito appoggiare la grande distribuzione che vende il suo stesso pane, portando insomma l’acqua solo al suo mulino». Da questo malcontento appunto è nata la costola panificatori della Confartigianato triestina, il cui presidente è Paolo Fontanot e il vicepresidente lo stesso Cocetti. «Jerian – precisa Cocetti – non ha fatto nulla per placare i malumori», e così i due schieramenti si sono chiusi a riccio.
Marco Rodriguez (“El pec” di via Torino) conduce un’attività rilevata da un vecchio fornaio che è anche l’attuale properietario del locale. Rodriguez ha affrontato i disagi dovuti alla riqualificazione di via Torino, piazza Hortis, piazza Venezia e delle Rive e, per resistere alla crisi, ha investito 100mila euro in due ristrutturazioni. «Di questo sudore – lamenta Marco - al mio anziano collega non importa nulla. Anzi, vuole trasformare il locale in un parcheggio e ha deciso di aumentarmi l’affitto. Affitto che con la flessione dei proventi sul pane sarà impossibile sostenere».
Mentre l’universo di botteghe e rioni sta scomparendo, i clienti si lamentano per il costo del pane che si aggira in media sui tre euro al chilo (anche se naturalmente i prezzi variano, e di molto, in base alla qualità prescelta), ma - ribattono i fornai - senza conoscerne i costi di produzione e la fatica che stanno dietro. «I più schizzinosi – afferma Walter Pasqualis, panificatore da 50 anni – sono proprio coloro che non sanno quanta fatica ci sia dietro un minimo di 12 ore di lavoro quotidiano, cosa significhi alzarsi alle due del mattino e non potersi permettere nemmeno di fare le ferie».
Igor Buric
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