Paoletti in cattedra per l’ultima volta citando la “lezione” della Montalcini

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L’aula magna “Rita Levi Montalcini” del polo didattico di Cattinara ha ospitato ieri l’ultima lezione del professor Sergio Paoletti dal titolo “Mare, sole e...Donald Trump – l’ambiente come risorsa per vecchi e nuovi materiali polimerici”. Partendo dal mostrare i tweet in cui il presidente degli Usa negava l’effetto serra e poi i dati della Nasa dal 1880 a oggi sulla preoccupante concentrazione dell’anidride carbonica, il docente – attuale presidente di Area Science Park – ha esposto le strategie avveniristiche che si stanno pensando per catturare e depositare la Co2, grazie all’ausilio dei polimeri naturali che sono stati l’oggetto dei suoi studi di una vita.

In chiusura della lezione, il professore ha voluto dedicare un ricordo particolare alla figura di Rita Levi Montalcini, con la quale ebbe un rapporto oltre che lavorativo anche d’amicizia e che accompagnò in giro per l’Europa in veste di segretario generale del “concilio internazionale dei doveri umani” di cui lei era presidente. Sergio Paoletti ha voluto rievocare un episodio in particolare: il 17 maggio 1991 il direttore di Cattinara consegnò alla Montalcini la laurea honoris causa in Medicina in occasione dei 25 anni dall’istituzione della facoltà. «Da un premio Nobel ci si aspetta che tratti della sua ricerca – ha raccontato Paoletti –, invece quel giorno parlò dei danni che un’errata ideologia dei diritti ha creato all’umanità. Citando Kant disse: “Dobbiamo passare dalla stagione dei diritti a quella dei doveri”». Quel giorno Rita Levi Montalcini lanciò un appello agli scienziati perché venisse redatta una dichiarazione sui doveri dell’umanità per lottare in favore della biodiversità e del rispetto verso la natura, che tre anni dopo fu effettivamente stilata da un comitato internazionale. La cosiddetta “dichiarazione di Trieste dei doveri umani” confluì poi nella “millenium declaration” delle Nazioni Unite, che ne riprese molti punti seppur non citandola direttamente. «Fu un grande onore: un coronamento della mia carriera e, soprattutto, un forte invito alle nuove generazioni», ha commentato il professore. «Ho voluto chiudere con lei – ha poi spiegato – perché uno scienziato talvolta ha la tentazione di isolarsi quando pensa di star facendo bene il suo mestiere per il bene della comunità: durante la Seconda guerra mondiale ci sono stati famosi e tristi esempi in questo senso. Credo che l’università sia stata un simbolo di resistenza e difesa dell’alterità, che deve diventare un elemento di forza per la testimonianza della conoscenza, perché ogni giorno abbiamo a che fare con le fake news, e su questi banchi va costruita la coscienza della futura classe dirigente».

Nel lungo applauso finale tributato al professore da una platea in piedi, sono anche scese delle lacrime di commozione da entrambi i lati della cattedra. «Non è solo un professore che arriva e fa lezione, ma un insegnante di vita che ti trasmette la passione per quello che fa», dice Ginevra ancora in lacrime, studentessa che ha potuto frequentare le lezioni di Paoletti dalla triennale. Così come Francesco, che afferma: «Da una parte ci ha fatto capire che in realtà gli scienziati sono dei filosofi e dall’altra ha sempre saputo riportare i concetti alla vita quotidiana. Una di quelle esperienze che ti segna e cambia la vita». Nonostante siano stati i suoi “ultimi studenti” e per un solo mese, Francesca, Andrea e Nicolò conserveranno un ottimo ricordo del professore: «Un pozzo di conoscenza – dicono –, una persona che riesce a spiegarti tutto svincolandosi dalle formule e partendo dalla cultura generale per poi arrivare a un concetto in un modo che ti rimane dentro. Si mette al servizio dello studente e mai sul gradino superiore nonostante la differenza abissale di conoscenze». Sergio Paoletti, infatti, ha una precisa idea del suo ruolo: «Credo che il docente all’università sia colui che deve accompagnare gli studenti, che sono al centro dell’università. Quando gli studenti vedono che credi con entusiasmo in quello che dici, allora ti vengono dietro». Ora, assicura che continuerà a collaborare nella ricerca col suo gruppo, almeno fino a quando si divertirà. —



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