Paolo Codega, un ricercatore rock

Triestino trasferito a New York lavora alla Columbia University e suona nella band Coastgaard di Brooklyn
Di Ricky Russo

NEW YORK. Il triestino Paolo Codega (classe ’79), stimato ricercatore alla Columbia University di New York, nel tempo libero suona il basso con i Coastgaard, indie-rock band di Brooklyn, che ha pubblicato l’omonimo debutto discografico e sta raccogliendo ottimi riscontri, non solo nella Big Apple.

I Coastgaard definiscono il loro stile “neo surf rock sound” e citano tra le loro influenze Beach Boys, Ventures, Cream, David Bowie, Pixies, Pavement e Neutral Milk Hotel.

Su YouTube si può vedere il videoclip, girato a Coney Island, del primo singolo «Kings».

«In questi giorni stiamo girando il secondo ed il terzo video» racconta Paolo Codega. Che aggiunge: «Inoltre, stiamo pianificando alcuni piccoli tour da fare sulla East Coast e, a febbraio, rientriamo in studio di registrazione per il secondo album».

Com’è nata la collaborazione con i Coastgaard?

«Partecipo da più di un anno e mezzo a questo progetto con Matt Miller, Sean Glassman, Brian D'Alessandro e Noah Wehle. L'incontro con loro è stato del tutto casuale. Ho risposto ad un annuncio "cercasi bassista" e dopo un mese abbiamo fatto il primo concerto alla Cameo Gallery di Williamsburg».

E da quanto vive a New York?

«Mi sono trasferito con mia moglie a New York per motivi di lavoro quattro anni fa. Siamo entrambi ricercatori e dopo il dottorato conseguito a Trieste, ci siamo spostati oltreoceano per continuare i nostri studi. Io attualmente lavoro alla Columbia University e mi occupo di cellule staminali neuronali».

Che rapporto ha con la Big Apple? Le manca Trieste?

«Vivere a New York è un'esperienza che ti cambia la vita e ti espande la visione dell'Italia e di Trieste, però ovviamente mi manca la famiglia, gli amici e la mia città, che non riesco a visitare quanto vorrei».

A quando risale la sua passione per la musica?

«Ho sempre ascoltato molta musica, di tutti i tipi. Da piccolo mi piaceva mettere su i vinili dei miei genitori ed ascoltarli per ore, soprattutto Beatles e altri gruppi anni Sessanta. Poi in prima superiore, degli amici mi hanno chiesto se volevo formare una rock band… Ho comprato un basso ed è venuto tutto molto naturale».

A Trieste nel giro musicale chi ha frequentato?

«Ho avuto vari progetti musicali, ma i gruppi a cui sono più affezionato sono stati i Naima, un progetto indie rock originale con Christian De Leo, Gianmarco Maggio e Lorenzo Gileno, e gli Hardfish & The Hot Potatoes, una band con forti influenze British Invasion, formata con Marco Corsi, Marco Goiach, Alessandro Martini e Daniele Trani. In più ho avuto la fortuna di collaborare con altre band della scena musicale triestina, come i Makako Jump, Ratatans e Animetion Army. Comunque seguo ancora da lontano con interesse quello che succede nella scena musicale triestina».

Qual è stato il concerto migliore che ha fatto a New York e dove ha suonato?

«Abbiamo suonato un pò in tutti i locali della scena indie rock di Brooklyn e del Lower East Side, tra cui Spike Hill, Cameo Gallery, Pianos e Brooklyn Bowl. Ma credo che il concerto a cui sono più legato è stato quello della presentazione dell'album allo storico Mercury Lounge».

Qualche aneddoto musicale della Big Apple?

«Tra gli impegni di lavoro e di band, non ho tantissimo tempo da dedicare ai concerti, però appena trasferito mi sono tolto lo sfizio di vedere alcuni mostri sacri della mia adolescenza. Ultimamente però sto conoscendo molti gruppi validi della scena locale e quasi preferisco seguire queste band in piccole venue o festival. Un aneddoto? Qua quasi nessuno ha la macchina, quindi la cosa più strana a cui ti devi abituare è portare la strumentazione nei locali in taxi».

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