Patch Adams riempie e incanta la Tripcovich

Il culto della vita, le beffe persino per la morte. Vestirsi da clown non implica dar adito a pagliacciate ma può a volte definire un percorso disegnato da amore, desiderio di pace e sostegno al prossimo. Insomma, quello che per molti è una utopia per Patch Adams è la vera rivoluzione. Il più celebre clown senza circo ha fatto tappa anche a Trieste, alla Sala Tripcovich, ospite del tour nazionale “Centodieci è Ispirazione”, il ciclo di incontri targato Mediolanum Corporate University, progetto a carattere educativo incentrato sul contatto, più o meno diretto, con personalità in auge tra i vari campi, dalla scienza alla politica. Medico, statunitense, un paio di divorzi e settant’anni portati con disinvoltura - al pari della mise sfoggiata non solo sul palco ma anche a zonzo per piazza Unità, look che ricorda la prima Lady Gaga e un arlecchino da avanspettacolo - Patch Adams cuce il suo passato con qualche tentativo di suicidio abbozzato durante l’adolescenza e con il ricordo di alcuni conseguenti ricoveri nei reparti psichiatrici, forse i prodromi benevoli della “follia” poi tradotta nel suo percorso di medico e benefattore. Allergico ai computer, contrario ai selfie, refrattario alle interviste dirette. C’è da chiedersi come possa comunicare ma Patch Adams, proprio in avvio dello spettacolo, ricorda al pubblico che da anni risponde a tutti in forma rigorosamente cartacea, purché redatta in un chiaro inglese.
Teatro affollato, nasi di gomma rossi sparsi ovunque. Il mentore della clownterapia entra subito nella parte e addomestica facilmente un pubblico “affamato” di catarsi e di una buona novella, e lo fa dispensando racconti, suggestioni, immagini e ideali: «Quando decisi di divenire uno strumento per la cura del prossimo - ha sottolineato Patch Adams - puntai a sei elementi fondamentali per la riuscita, come essere amorevole, divertente, collaborativo, creativo, sollecito e divertente».
Questa la formula del Patch Adams pensiero, temi tradotti da una quarantina di anni oramai, sulla base di progetti di cura alternativa basati sul dialogo, l’ascolto, l’empatia e, fatto sì rivoluzionario, l’assenza di costi per il paziente. Serata nel complesso vivace e non poteva essere altrimenti, nonostante qualche passaggio (come l’abbracciarsi e abbracciare il vicino) e qualche tinta decisamente “trash”, vedi lo sputo (autentico) lanciato sul palco all’indirizzo dell’America e del governo Reagan. La cartolina migliore? Il palco affollato dal pubblico festante e intento a ballare il rock’n’roll su un classico di Chuck Berry come “Johnny B. Goode”, una trama geniale che ha esaltato anche l’estemporanea destrezza di esponenti della scena amministrativa comunale.
E non è tutto. Patch Adams sfodera anche tinte escatologiche e prova a sgambettare la paura della morte vestendosi da Caronte giullare: «Se vi resta una settimana di vita - ha affermato - chiamatemi, sono il vostro uomo...».
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