Il vescovo Trevisi nel giorno di San Giusto: appello alla politica e sostegno ai giovani

Il vescovo di Trieste invita all’ascolto dell’altro: «La fede ci libera dall’aggressività». L’educazione deve essere uno strumento collettivo per migliorare il futuro

Stefano Bizzi
Il vescovo Trevisi in mezzo ai fedeli a San Giusto (fotoservizio Massimo Silvano)
Il vescovo Trevisi in mezzo ai fedeli a San Giusto (fotoservizio Massimo Silvano)

I giovani e la politica, ma anche l’ascolto dell’altro, sono stati i temi al centro dell’omelia del vescovo Enrico Trevisi in occasione del solenne pontificale di San Giusto. Parlando ai fedeli riuniti nella cattedrale per celebrare il patrono della città, il presule di Trieste ha guardato al presente, invitando a liberarsi dall’aggressività e a tornare all’educazione e alla speranza.

Alla cerimonia accompagnata dal gonfalone di Trieste e da un picchetto d’onore in uniforme di rappresentanza, hanno partecipato tutte le massime autorità civili e militari della città, dal prefetto Giuseppe Petronzi al sindaco Roberto Dipiazza, dal questore Lilia Fredella ai comandanti delle varie forze di intervento territoriale. Significativa del clima di apertura, è stata poi la presentazione bilingue delle sacre letture.

Partendo dalla libertà offerta dal Vangelo, nel suo invito a liberarsi dall’aggressività, il vescovo Trevisi ha parlato di “fede liberante”: liberante «dalla smania del successo, dalla tirannia del consenso, dall’invidia accecata, dalla dipendenza emotiva da effimeri consumi funzionali solo al farci spendere». «Una fede liberante dall’aggressività che sta prendendo tutti» ha sottolineato ancora, invitando tutti i fedeli a riflettere sui femminicidi e sulla violenza legata ai social, ma pure ai contenziosi continui che si registrano anche tra famiglie.

Citando Papa Leone XIV, per Trevisi la ricetta anti-violenza passa da tre concetti: l’educazione, la vita interiore e la politica della speranza.

Per quanto riguarda l’educazione, il vescovo ha evidenziato che è un’attività corale e non accessoria. «Nessuno educa da solo», ha detto e, nel ricordare poi che «la professione di insegnanti ed educatori è poco retribuita per una miopia della nostra società», ha aggiunto che educare è un atto di speranza: «È fiducia nel futuro e fiducia nei ragazzi e nei giovani». Da qui l’invito a scommettere sull’educazione stessa, quella più pura: «Al centro - le sue parole - ci sia sempre la dignità di ogni persona».

I giovani sono stati anche al centro del ragionamento sulla vita interiore. Riflettendo sulla «tristezza pervasiva di tante persone», sulla «fragilità psicologica e psichiatrica che dilaga», sull’«aggressività che dice di una incapacità di relazioni buone», sull’«insidia delle ideologie» e sull’«individualismo distruttivo», il vescovo ha invitato gli adulti ad essere un esempio per i ragazzi perché «i giovani chiedono profondità».

E la prima a dover dare l’esempio, per il vescovo, deve essere la politica, una politica che deve essere di speranza. «La politica ha bisogno di consenso. Ma il consenso è un mezzo, non il fine. Anche il potere è un mezzo e non il fine. Papa Leone fin dall’inizio ci ha richiamato a servire la pace. Vivere la fede, con quella libertà interiore che ci ispira San Giusto, è anche il coraggio di farci domande difficili, scomode, complesse. Chi può davanti a Dio pensare di avere in tasca la verità riguardo al come servire il bene comune, a come prevenire le guerre senza cadere nel cortocircuito del far crescere diffidenza-ostilità-conflittualità-armi-violenze-guerre?».

«Il cristiano - ha proseguito il vescovo - si impegna in politica ma cerca di restare lontano da polarizzazioni in cui non c’è spazio per la riflessione inquieta, per il confronto sincero, per la ricerca di soluzioni condivise, anche perché di vitale importanza, come quelle del riarmo, della pace, o dei diritti/doveri di ogni persona o all’equilibrio di diritti e doveri di maggioranze e di minoranze. San Giusto ispiri tutti a non cedere alla soluzione del facile scontro “per partito preso”. Papa Leone richiama a linguaggi non violenti, ad essere protagonisti di riconciliazione, a saper gettare ponti». Da qui l’invito a tutti coloro che hanno responsabilità politiche, amministrative, economiche, educative, militari ecclesiali ad ascoltare l’altro «alla ricerca di quella verità che sta sempre davanti e che spinge ad un oltre».

In coda alla cerimonia solenne del patrono, alla quale, con tutti i sacerdoti della diocesi, ha partecipato anche il vescovo emerito monsignor Giampaolo Crepaldi, Trevisi ha concesso l’indulgenza a tutti i fedeli presenti.

«Mi hanno fatto molto piacere le parole del vescovo: abbiamo bisogno di pace - ha commentato il sindaco Roberto Dipiazza al termine della messa dedicata al patrono San Giusto -. Chi pensava più di parlare di guerra? Invece stiamo parlando di guerre da tutte le parti. Non so, è veramente incredibile». Quanto al tema dei giovani, il primo cittadino ha aggiunto: «I giovani sono il futuro del nostro Paese. A loro dico, innanzitutto di lavorare e dopo di osare. Ricordatevi, dovete sempre osare cari ragazzi».—

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