Il vescovo Trevisi a San Giusto: «La fede ci libera dall’aggressività»

L’omelia del vescovo nel giorno del patrono di Trieste: «Il cristiano si impegna in politica ma resta lontano da polarizzazioni in cui non c’è spazio per la riflessione»

Stefano Bizzi
Il vescovo Trevisi in mezzo ai fedeli a San Giusto (fotoservizio Massimo Silvano)
Il vescovo Trevisi in mezzo ai fedeli a San Giusto (fotoservizio Massimo Silvano)

Cattedrale di San Giusto piena lunedì mattina per la cerimonia solenne dedicata al patrono di Trieste. Presenti tutte le autorità, dal prefetto al sindaco, dal questore ai comandanti delle varie forze di intervento territoriale.

Alla destra dell’altare il gonfalone della città con il picchetto con l’uniforme di rappresentanza. Sacre Letture bilingue, in italiano e in sloveno.

 

L’omelia completa

Cari fratelli e sorelle, dragi bratje in sestre,

Il libro della Sapienza ci ha detto che i giusti non devono temere, perché essi muoiono solo agli occhi degli stolti. La loro vita – come quella del martire San Giusto – anche se è messa duramente alla prova (pensiamo alle persecuzioni a cui anche oggi tanti cristiani sono sottoposti) è nelle mani di Dio e “perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé”; e risultano graditi a Dio. Nel giorno del giudizio risplenderanno e anzi governeranno sui popoli, come a dire che nel Regno di Dio – che Gesù precisa che non è di questo mondo – saranno collaboratori di Dio per il bene di tutto il suo popolo.

Il cristiano guarda al futuro pieno di speranza: “Il Signore è mia luce e mia salvezza” (salmo 26). Ci sono le ingiustizie, le prove, le guerre, le malattie… ma Dio si prende cura di me (salmo 40,18)! Il Vangelo ci ha ricordato che seguire Gesù – anche accettando di essere come il granello che muore per dare frutto, anche nella disposizione di dare-spendere la vita – ci porta ad essere in comunione con il Figlio, e il Padre ci onorerà!

San Paolo ci ha portato ad interrogarci: “chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?... Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati” (Rom 8,35.37).

La fede nella presenza del Signore, nella sua salvezza motivata dal suo amore e non dalle nostre prestazioni, genera fiducia reciproca e ci riscatta dall’impotenza. Siamo smossi ad una fede che ci consente di vedere il mondo con gli occhi di Dio, a gustare la sua Grazia, a rispondere alla sua chiamata con decisione e prontezza. Adsum. Eccomi. Sono pronto!

Il Vangelo ci dà una libertà inusitata: possiamo scegliere di seguire il Signore e dunque di essere al servizio dell’amore di Dio, come il chicco di grano che muore e non attende di vedere i frutti (la spiga che cresce) per svolgere con passione la propria missione. Una fede liberante dalla smania del successo, dalla tirannia del consenso, dall’invidia accecata, dalla dipendenza emotiva da effimeri consumi funzionali solo al farci spendere. Una fede liberante dall’aggressività che sta prendendo tutti: pensiamo ai femminicidi, alla violenza sui social, ai contenziosi continui anche tra famiglie.

Coltivare la nostra fede nel Signore Gesù, cioè metterci a seguire il Signore Gesù, è pure un servizio che facciamo alla città, alla gente, ai bisognosi. Vorrei fare qualche esempio…

1. L’educazione e la speranza - Vzgoja in upanje. Parlando di educazione papa Leone XIV ci chiede di “Disegnare nuove mappe di speranza” (Lettera apostolica del 28-10-2025) precisando che l’educazione “non è attività accessoria, ma forma la trama stessa dell’evangelizzazione: è il modo concreto con cui il Vangelo diventa gesto educativo, relazione, cultura” (n. 1.1). “L’educazione cristiana è opera corale: nessuno educa da solo. La comunità educante è un ‘noi’ dove il docente, lo studente, la famiglia, il personale amministrativo e di servizio, i pastori e la società civile convergono per generare vita (Congregazione per l’educazione cattolica, Istruzione “L’identità della scuola cattolica per una cultura del dialogo” (25 gennaio 2022), n. 32).

Questo ‘noi’ impedisce che l’acqua ristagni nella palude del ‘si è sempre fatto così’ e la costringe a scorrere, a nutrire, a irrigare. Il fondamento resta lo stesso: la persona, immagine di Dio (Gen 1,26), capace di verità e relazione” (n.3.1). E appena dopo il papa dice che per noi cristiani educazione, università, scuola… sono luoghi “dove le domande non vengono tacitate, e il dubbio non è bandito ma accompagnato. Il cuore, lì, dialoga col cuore, e il metodo è quello dell’ascolto che riconosce l’altro come bene, non come minaccia. Cor ad cor loquitur è stato il motto Cardinalizio di San John Henry Newman”.

Educare è un atto di speranza. È fiducia nel futuro e fiducia nei ragazzi e nei giovani: questo mi dà la fede cristiana, motivando ancor di più nella scommessa dell’educazione. Senza ingenuità ma anche senza stanchezza. Ci sono stelle fisse che ci guidano: “Dicono che la verità si cerca insieme; che la libertà non è capriccio, ma risposta; che l’autorità non è dominio, ma servizio” (ivi).

La fede suscita vocazioni all’educazione: e questo è un servizio offerto per il bene della città, per costruire un futuro di speranza, perché al centro ci sia sempre la dignità di ogni persona. Anche se purtroppo la professione di insegnanti ed educatori è poco retribuita per una miopia della nostra società, ecco che anche qui il Vangelo ci insegna ad andare controcorrente: insistiamo nello spenderci per l’educazione, come il chicco di grano che si dà interamente.

2. La vita interiore - Notranje življenje. La prima priorità che papa Leone segna per l’educazione “riguarda la vita interiore: i giovani chiedono profondità; servono spazi di silenzio, discernimento, dialogo con la coscienza e con Dio”. È quello che ho cercato di scrivere anche nella Lettera pastorale “Ha cura di voi” che culmina esortando a prenderci cura della nostra vita spirituale. La tristezza pervasiva di tante persone, la fragilità psicologica e psichiatrica che dilagano, l’aggressività che dice di una incapacità di relazioni buone ci spingono come adulti a dare più spazio a ciò che è solido.

E per affrontare le prove della vita, le insidie delle ideologie, l’individualismo distruttivo occorre ritrovare una solidità che noi scopriamo in Gesù, che è la verità della nostra vita, la luce che ci consente di guardare al futuro con speranza. Come adulti ridiamo spessore alla nostra vita interiore… e solo allora sapremo educare i giovani ad essere solidi, meno fragili!

3. Una politica di speranza - Politika upanja. Certo che la politica ha bisogno di consenso. Ma il consenso è un mezzo, non il fine. Anche il potere è un mezzo e non il fine. Papa Leone fin dall’inizio ci ha richiamato a servire la pace. Vivere la fede, con quella libertà interiore che ci ispira san Giusto, è anche il coraggio di farci domande difficili, scomode, complesse.

Chi può davanti a Dio pensare di avere in tasca la verità riguardo al come servire il bene comune, a come prevenire le guerre senza cadere nel cortocircuito del far crescere diffidenza-ostilità-conflittualità-armi-violenze-guerre? Il cristiano si impegna in politica ma cerca di restare lontano da polarizzazioni in cui non c’è spazio per la riflessione inquieta, per il confronto sincero, per la ricerca di soluzioni condivise, anche perché di vitale importanza… come quelle del riarmo, della pace, o dei diritti/doveri di ogni persona o all’equilibrio di diritti e doveri di maggioranze e di minoranze. San Giusto ispiri tutti a non cedere alla soluzione del facile scontro “per partito preso”. Papa Leone richiama a linguaggi non violenti, ad essere protagonisti di riconciliazione, a saper gettare ponti.

San Giusto benedica questa terra e tutti coloro che hanno responsabilità politiche, amministrative, economiche, educative, militari, ecclesiali perché ciascuno si disponga all’ascolto dell’altro e alla ricerca di quella verità che sta sempre davanti e che spinge ad un oltre. Noi in Gesù vediamo una luce che ci guida. San Giusto intercedi per noi.

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