Pediatri, caos e pochi posti Si ricorre al medico di base

Le accuse di un papà: «L’Azienda sanitaria ci ha trattati in maniera sgarbata» Molti genitori non hanno ricevuto la lettera che rimetteva in gioco gli ambulatori
Di Giulio Garau

Le file agli sportelli dell’Ospedale di Monfalcone per conquistare la reiscrizione al pediatra sono finite da giorni, il caos con le migliaia di genitori in attesa è già passato, non sono terminate però le polemiche e i disagi per le famiglie. Dopo la tempesta perfetta scoppiata con il pensionamento di due pediatri (Messana e Stormi) e la rimessa in gioco dei posti per oltre 1500 bambini (è un numero probabilmente sottostimato) che ha costretto le famiglie a “correre” come in una assurda gara per riconquistare il medico a Monfalcone e non finire a Grado o Gradisca, sul terreno sono rimasti i problemi. E così si è scoperto che molti genitori hanno ricevuto la lettera dell’azienda sanitaria che comunicava le novità solo qualche settimana prima, alcuni solo a pochi giorni dal primo marzo e in molte sono le famiglie che non l’hanno nemmeno ricevuta. È capitato a una mamma di una nenonata che doveva fare un controllo e che ha scoperto che doveva cambiare pediatra quando ha contattato l’ambulatorio che non esisteva più.

Altre famiglie che erano all’estero sono rientrate a Monfalcone trovandosi “scoperte” dal punto di vista assistenziale in un momento caldo per le epidemie di influenza. Alcuni per evitare caos e problemi, ma soprattutto per non rischiare di trovarsi senza pediatra, hanno chiesto al loro medico di base, non specialista, di accogliere il figlio di 8-10 anni.

Ed è emersa la carenza di pediatri a Monfalcone e il rischio di non avere sufficiente assistenza: uno dei due nuovi pediatri infatti avrebbe aumentato il massimale del numero di bimbi portandolo dalla consueta quota di 800 a 1200 con forte probabilità di non riuscire ad assicurare un’attezione adeguata soprattutto in momenti di epidemie ai bambini.

Il signor Marino non ha ancora sbollito la rabbia. «Sono passate settimane, ma il caos non è finito - conferma - e pensi che quando abbiamo ricevuto la lettera, siccome non era indicata una scadenza, mia moglie ha preso permesso dal lavoro e si è precipitata in ospedale per cambiare pediatra a mio figlio. Il personale allo sportello l’ha guardata con stupore e le hanno detto che bisognava tornare il primo marzo. Ha protestato, ha detto che aveva preso permesso per venire. Le hanno risposto in maniera sfacciata “anche noi stiamo lavorando”».

Il papà ha preteso di parlare con il responsabile del servizio. «Alle mie rimostranze ha risposto “e io che ci posso fare” - racconta - e quando ho insistito mi ha detto in maniera sgarbata che non ha “tempo da perdere, ho cose più importanti da fare. Se ha qualcosa da reclamare si rivolga all’apposito ufficio». Il signor Marino non se l’è fatto ripetete due volte e ha contattato l’ufficio reclami di Gorizia con cui si è lamentato della “maleducazione del personale”.

Per iscrivere il figlio dal pediatra ha mandato la suocera a fare la fila: «Ha atteso in quel caos con altre migliaia di persone dalle 8.30 fino alle 13.15 - conclude - e alla fine è riuscita a fare il cambio». In quelle giornate molti dopo ore di fila, vedendo avvicinarsi l’ora di chiusura degli sportelli, non volendo o potendo più mettersi in fila l’indomani, se ne sono andati lasciando perdere. Sono tornati diversi giorni dopo e sono stati costretti a “emigrare” a Grado o Gradisca.

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