«Persi in pochi anni 8mila posti di lavoro»

Più di ottomila posti di lavoro persi in provincia dall'inizio della crisi. Sedici mila occasioni di lavoro, cioè occupazione di qualsiasi tipo, cancellate nello stesso periodo, con una caduta verticale nell'ultimo biennio: giù dell’84% dal 2013 al 2014. Un'autentica implosione del settore edile - «che fino a pochi anni fa era il 4% del Pil di Trieste» - dove i lavoratori iscritti alla Cassa di categoria sono scesi da 3mila a 1600. E un calo del 61%, nell'ambito dei nuovi contratti di lavoro, di quelli a tempo indeterminato.
Questi alcuni dati sottolineati ieri dai segretari provinciali dei sindacati confederali, Adriano Sincovich (Cgil), Umberto Brusciano (Cisl) e Antonio Rodà (Uil), nell'incontro con i capigruppo dei partiti in Consiglio comunale indetto per radiografare lo stato economico della città. «È una situazione drammatica – ha detto Sincovich – cui fa però riscontro un totale di somme depositate nelle banche della città pari a tre miliardi di euro. Tutto questo ha un nome, immobilismo: e ne sono responsabili in primo luogo coloro che hanno governato la città e il Fvg. Siamo la seconda provincia italiana per presenza del terziario e nel nostro Pil il peso dell'industria è inferiore al 10%, mentre oltre l'80 è determinato dal terziario composto in parti uguali da intermediazione finanziaria, pubblica amministrazione e commercio, turismo e servizi. Non si può proseguire a suon di voucher, utilizzati nel 2014 in regione per un numero vicino ai tre milioni – ha ricordato - perché non prevedono diritti contrattuali né previdenziali. Serve impegno delle associazioni datoriali, della Camera di commercio, del Comune e soprattutto della Regione, che finora ha attuato politiche economiche e occupazionali troppo dispersive».
Brusciano ha espresso preoccupazione per il futuro del tessuto industriale: «Comparto in cui c'è stata una perdita secca di posti di lavoro e di imprese dalla sarà quasi impossibile recuperare». Sul tema ha insistito anche Rodà: «Il problema è la desertificazione del tessuto industriale. E non dimentichiamo che circa 11mila lavoratori transfrontalieri raggiungono quotidianamente Trieste per fare vari mestieri, sottraendo il loro reddito al fisco e il loro lavoro ai controlli».
Gianni Bertossi, della Cgil, ha ricordato che «in 7 anni la disoccupazione a Trieste è raddoppiata e l'occupazione che si crea è cattiva, perché riguarda i voucher e i contratti a tempo determinato, oramai i due terzi del totale». Roberto Decarli (lista Cosolini) ha ricordato che «l'industria è il motore principale dell'economia triestina»; Piero Camber (Forza Italia) ha invitato il Comune «ad agire», mentre secondo Marino Sossi (Sel) «per questo disastro ci sono precise responsabilità». Alessia Rosolen (Un'altra Trieste) ha chiesto «Qual è la politica occupazionale della Regione?», mentre Cesare Cetin (Idv) ha spiegato che esiste «il problema della formazione universitaria, pagata dai cittadini italiani e poi regalata ad altri Paesi». Paolo Rovis (Ncd) ha rammentato che «Trieste è l'ultima provincia italiana per capacità imprenditoriale autonoma».
Ugo Salvini
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