Pescatori di frodo a Miramare tentano di speronare la polizia

Hanno gettato dalla barca seicento metri di rete, e che l’abbiano fatto proprio adesso che vige il fermo pesca biologico diventa, alla fin fine, una questione persino secondaria. Già perché, quel groviglio di reti, i tre pescatori di frodo beccati l’altra notte con le mani nella marmellata dalla Squadra nautica della polizia (ma poi riusciti a filarsela al largo dopo aver tentato addirittura di speronare la motovedetta che li inseguiva) l’hanno buttato deliberatamente all’interno del perimetro protetto della Riserva marina di Miramare. È quanto risulta dalla ricostruzione della stessa Squadra nautica, già finita sul tavolo del Pubblico ministero Federico Frezza. Le indagini e le relative ipotesi di reato vanno al di là della pesca di frodo, e spaziano - a causa proprio della reazione avuta dopo essere stati scoperti - dalla violazione della sicurezza della navigazione e degli abbordaggi fino alla resistenza aggravata a pubblico ufficiale.
Due di questi, al momento, non hanno ancora un volto e un nome. Un terzo invece - come ha fatto sapere in un comunicato ieri pomeriggio la Questura - è stato riconosciuto dagli agenti della Squadra nautica durante l’inseguimento in mare. Si tratta di un pescatore triestino già noto alle forze dell’ordine per precedenti analoghi, nei confronti del quale è già scattata la denuncia per tutte le ipotesi di reato di cui si diceva.
L’episodio risale alla notte fra martedì e mercoledì. La mobilitazione della Squadra nautica della polizia era però iniziata già col calare dela sera, non appena alcuni agenti avevano annusato ciò che stava per succedere. E così, immediatamente, avevano organizzato una battuta in mare a bordo di una motovodetta, proprio nelle acque attorno a Miramare. Poco dopo, ecco spuntare dal buio pesto - e oltrepassare le boe esterne della Riserva marina - una piccola imbarcazione da pesca, rigorosamente a luci spente e un filo di motore appena. I poliziotti, nel frattempo, avevano assistito alla scena, senza farsi notare, appostati in un cono d’ombra in prossimità dello stabilimento balneare Sticco. Finché hanno deciso che avevano visto fin troppo e che era ora di entrare in azione. Rimanendo nell’oscurità, si sono avvicinati lentamente fino ad arrivare a qualche metro dalla barca. “Fermi, polizia!” Di colpo, hanno azionato il faro di profondità e quelli di superficie. In tutta risposta, i tre pescatori di frodo non si sono arresi ma hanno tagliato rapidamente le reti e acceso il motore, tentando di speronare la motovedetta, che a sua volta ha replicato cercando di affiancare la barca in fuga.
Quando ormai la velocità era sostenutissima, prossima ai trenta nodi, chi dei tre era alla guida ha virato verso destra puntando il fianco sinistro dello scafo della polizia. E chi, a sua volta, stava conducendo tale scafo ha fatto in tempo a scartare evitando l’impatto. Una manovra che - complice le condizioni meteo in quel momento non ideali - ha dato qualche metro di vantaggio ai fuggitivi, che facendo rotta verso Monfalcone hanno fatto perdere le loro tracce. Gli agenti sono tornati indietro per recuperare le reti, nelle cui maglie erano rimasti intrappolati più di trenta pesci. Erano ancora vivi, sono stati liberati e ributtati in mare. La barca dei tre - il cui nome ha consentito di risalire al pescatore riconosciuto dalla Squadra nautica - è stata ritrovata la mattina dopo dalla Capitaneria. Vuota, era assicurata alle cime di uno degli impianti di mitilicoltura di fronte alla cava di Sistiana. È stata sequestrata, come le reti.
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