Poesie inedite di Saba in mostra a Milano

di Pietro Spirito
MILANO
C’è il manoscritto originale di “Meriggi” la lunga poesia inedita di Umberto Saba, un sorta di «onirico viaggio tra mare e campi di grano sulla scorta di Michelstaedter, Campana, Slataper». Ci sono due plaquette dattiloscritte, sempre di Saba, di assoluta rarità: “Tre poesie per la mia balia” (fu realizzata in trenta copie fuori commercio) e “L’Uomo” (anche questa distribuita in un numero bassissimo di copie). Ci sono i manoscritti della poesie di Giotti con le correzioni Saba, i dattiloscritti di Giani Stuparich della “Guida di Trieste”, degli interventi su “La mia città”, de “La fine di Winckelmann a Trieste”, “La bora” e molti altri. Ancora, ecco inediti e manoscritti di Slataper e Anita Pittoni, ma anche prime edizioni di Svevo, oltre a guide turistiche d’epoca e persino copie dei manuali a uso dei passeggeri nelle navi del Lloyd Triestino.
Non è solo una mostra documentale la grande rassegna che apre i battenti giovedì 14 marzo alla Casa del Manzoni di Milano (in via Moroni 1, aperta fino al 27 marzo), organizzata e messa in piedi dallo Studio bibliografico e casa editrice di Simone Volpato con la Libreria milanese antiquaria Pontremoli di Lucia Di Maio e Giovanni Milani. È, l’esposizione intitolata “Trieste - Milano. Cose leggere e vaganti. Frammenti di un archivio ritrovato”, un vero e proprio viaggio nella Trieste del Novecento vista sia attraverso i suoi maggiori scrittori e poeti quali Umberto Saba (nei 130 anni dalla nascita), Virgilio Giotti, Italo Svevo, Carlo e Giani Stuparich, Scipio Slataper e Anita Pittoni, sia attraverso le “mirabilia” tipografiche ed editoriali di un’epoca che segnò il carattere preminente di Trieste: quella che Giampiero Mughini ha felicemente definito la «città atta agli eroi e ai suicidi, dannata come da una diffusa inquietudine, crogiuolo di lingue e di etnie, avamposto della modernità». E nulla meglio degli scritti originali e delle prime edizioni librarie può dare il senso per così dire tattile, fisico, di un tempo e di una temperie culturale.
I materiali in mostra a Milano provengono, oltre che da collezioni private (la sezione delle guide e del porto in particolare è della collezione Sergio Vatta), dall’archivio del Centro studi triestini di Anita Pittoni, recentemente ritrovato e acquisito da Simone Volpato, che altri tesori ha da poco scovato nella biblioteca che fu del podestà di Trieste Cesare Pagnini. È, questo della Pittoni, un fondo imponente che raccoglie manoscritti, dattiloscritti e bozze dei più grandi autori giuliani, materiali che oggi - oltre a fare la gioia dei collezionisti e degli studiosi - permettono di rileggere un ampio capitolo della storia letteraria triestina come in filigrana, con una messe di piccole e grandi scoperte che permettono - nota Volpato nel saggio introduttivo al ricco e raffinato catalogo pubblicato dal suo Studio bibliografico assieme alla Libreria Pontremoli (con prefazione di Angelo Stella) - di «allentare i nodi che ingrovigliano la geografia storica e quella letteraria», dove Trieste non è pura scenografia «ma il soggetto delle storie».
Da questo nucleo la mostra si dirama in una serie di ramificazioni e suggestioni che toccano i vari settori dell’arte e della società: la goliardia del Circolo Artistico di Trieste, le mostre sindacali, un inedito letterario del pittore Ruggero Rovan, le pubblicità della Modiano, la cartellonistica di Marcello Dudovich. Dalle copertine dei libri, dalle foto e dalle stampe spuntano le figure di Glauco Cambon, Vito Timmel, Carlo Wostry.
E c’è, ovviamente, . nemmeno troppo sottotraccia, il filo che lega Trieste a Milano. Sebbene, come nota Stella, «Alessandro Manzoni forse considerava Trieste un capolinea oltre confine», alla vigilia della seconda guerra d’indipendenza arrivò a Milano proveniente da Trieste quel giovane Emilio Treves, cresciuto alla scuola dell’officina editoriale del LloYd Triestino, destinato a diventare uno dei più grandi editori italiani, pur avendo detto “no” a “Una vita” di Svevo, il capostipite del romanzo italiano moderno. E anche questo è molto triestino.
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