Processo e multa di 334 euro per aver rimproverato il figlio

Condannato a pagare un’ammenda pari a 334 euro per aver rimproverato suo figlio. Questa la conclusione dell’incredibile vicenda che ha visto protagonista, suo malgrado, un turista triestino mentre si trovava in vacanza in Croazia.
La vicenda risale alla fine del luglio scorso, ma è emersa solo nei giorni scorsi. Tutto inizia a bordo del traghetto preso dalla comitiva di amici triestini (25 persone in tutto) di cui l’uomo faceva parte assieme alla famiglia: avevano deciso di raggiungere Zara partendo dall’isola di Ugljan. Uno spostamento da circa mezzoretta. In quel lasso di tempo, due dei giovani del gruppo litigano, episodio per il quale il genitore di uno dei due poi rimprovera il proprio figlioletto di nove anni con una sgridata e un lieve buffetto sulla guancia. Niente di che: tanto che il bimbo non si scompone. Non si lamenta né si mette a piangere. Una normale sgridata da un padre a un figlio non è certo un evento inedito. Nessuno si stupisce, infatti. Per la parte restante del tragitto, sino all’arrivo a Zara, tutto prosegue nella più totale tranquillità.
Solo dopo tre quarti d’ora dall’inizio della gita in città, la comitiva viene raggiunta - una volta individuata fra la folla - da un poliziotto locale, che invita il padre che sul traghetto aveva ripreso il figlio, accertato si trattasse di lui, a seguirlo al più vicino posto di polizia, a causa di una denuncia sporta da un testimone della scena avvenuta sulla barca. Lo stupore si diffonde fra i presenti. E vani risultano i tentativi di spiegazione, da parte anche della moglie e dei figli dell’uomo. In seguito la polizia gli sequestra il documento d’identità dicendogli di tornare il giorno seguente, alle 10 del mattino, per il processo. L’accusa: maltrattamento a minore. Surreale. Sbigottiti i componenti del gruppo rientrano nell’appartamento affittato, per fare ritorno la mattina successiva a Zara. Alla stazione di polizia, «una persona che parlava un po’ di italiano - racconta uno dei testimoni della vicenda - ci ha fatto sapere che firmando una dichiarazione in cui avrebbe rinunciato a ogni intervento del consolato italiano, il mio amico se la sarebbe cavata con una multa di 50 euro». Opzione accettata, anche se considerata comunque ingiusta ritenendosi del tutto innocente: l’incombenza del rientro in Italia il giorno dopo suggerisce però di chiudere così la questione. Ma la cosa, in realtà, non si conclude affatto: l’imputato triestino viene trasferito dalla polizia in auto al tribunale nella periferia di Zara. Per un’udienza a cui non sono ammessi testimoni (due amici vengono lasciati ad aspettare fuori per due ore) e in cui l’accusato non può confrontarsi in un contraddittorio con chi aveva presentato la denuncia (la persona in questione in tribunale non c’è). Il giudice, alla fine, giudica colpevole l’uomo, pur riconoscendogli come buffetto e rimprovero fossero stati motivati da uno scopo educativo. La condanna è di pagare 2.350 kune. Alla fine, fra commissione bancaria e spese per l’interprete - comparso solo in aula e non prima - una multa equivalente a 334 euro. «Incredibile, peraltro - prosegue uno dei testimoni dell’accaduto - questo mio amico è una persona pacifica, un esemplare padre di famiglia». E il diretto interessato: «Vogliamo far conoscere quanto successo. In Croazia c’è un sistema diverso, bisogna stare allerta».
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