Prossima fermata Sarajevo: i Balcani raccontati da trecento studenti

Un viaggio tra Mostar, Sarajevo e Srebrenica raccontato da trecento studenti di Brescia e Pavia. I Balcani visti con i loro occhi attraverso le interviste ai testimoni del conflitto. Ne è nato il magazine "Next Stop Sarajevo"
Il ponte di fronte all'accademia di Belle Arti di Sarajevo
Il ponte di fronte all'accademia di Belle Arti di Sarajevo

Ilaria, Cecilia e Francesca hanno intervistato Zoran Herceg, pittore e giornalista nato a Sarajevo, un padre serbo che ha combattuto nell’esercito bosniaco, una madre che vive in Italia. Con lui hanno parlato di fondamentalismo islamico. Alice ha raccontato la storia di Jovan Divijak, ex generale serbo schierato con i bosniaci, e della sua associazione che aiuta bambini e ragazzi a ricevere un’istruzione adeguata. A porre le domande studenti tra i 16 e i 18 anni, di Brescia e Pavia. Gli intervistati i testimoni dell’assedio di Sarajevo. Con il progetto “Un treno per Europa” per trecento ragazzi si è aperto il mondo dei Balcani, i luoghi, i volti. Ne è nato un magazine, Next Stop Sarajevo, e un racconto social fatto di video e dirette.

La redazione di studenti al lavoro sul pullman e sul traghetto
La redazione di studenti al lavoro sul pullman e sul traghetto

In occasione del 25esimo anniversario dell’inizio delle guerre jugoslave il progetto “Un treno per Europa” ha portato gli studenti tra Mostar, Sarajevo e Srebrenica. Un viaggio volutamente lungo, fatto di tappe e tempo per metabolizzare: Brescia-Ancona in pullman, poi il traghetto e ancora il pullman. Non la solita gita: i 300 ragazzi sono stati selezionati dalle loro scuole, hanno seguito percorsi formativi preparatori. Hanno letto, studiato. Come due anni fa, quando il “Treno per Europa” era arrivato a Berlino per l’anniversario della caduta del muro. Tra tutti i partecipanti ne sono stati scelti una novantina per diventare la redazione incaricata di raccontare il viaggio.

Il memoriale delle vittime a Srebrenica, la biblioteca ricostruita a Sarajevo, una scultura allo spazio culturale Ars Aevi
Il memoriale delle vittime a Srebrenica, la biblioteca ricostruita a Sarajevo, una scultura allo spazio culturale Ars Aevi

Un team social formato da 15 studenti e poi minigruppi di lavoro per organizzare le interviste, i testi e le foto. Durante il viaggio, dal 2 al 7 novembre, hanno raccolto le storie, in traghetto e in pullman al ritorno verso l’Italia hanno scritto e impaginato il magazine guidati dai giornalisti Guido Bosticco e Marianna Bruschi e dal fotografo Vince Cammarata. Una notte di correzione testi, scelta delle fotografie e pubblicazione. Come una vera redazione, ma tutta under 20. Per i ragazzi è stata «un’esperienza di vita» come loro stessi l’hanno definita, ma è stato anche un modo per scoprire come raccontare questa esperienza, come trasmettere agli altri quello che loro avevano appreso. Lo hanno fatto in diretta, coprendo con Fb Live gli incontri organizzati per loro, lo hanno fatto con video e fotografie, con un contest lanciato su Instagram per cogliere le tracce di futuro in questi luoghi così devastati nel passato. E lo hanno fatto con taccuino e registratore in mano, con la sottile ansia di preparare per bene le domande da porre ad adulti così pieni di ricordi, di Storia.

Per le interviste e il racconto del viaggio è stato scelto il "futuro" come fil rouge per le storie dei testimoni. I ragazzi hanno ascoltato i loro ricordi della guerra, e poi hanno chiesto loro come vedono il domani. Edina Avdispahic è nata a Sarajevo, ha studiato a Milano. Per i ragazzi è stata guida e interprete durante il viaggio. C'è fiducia nell'avvenire? «Il nostro destino è nella mani delle nuove generazioni», ha risposto ad Anna, Giulia e Ilaria. Kanita Focak è un'architetto. A un mese dall'inizio del conflitto ha perso il marito, ucciso da un proiettile entrato in casa. Per lei il futuro architettonico è soprattutto salvaguardia. Mostar e Sarajevo portano i segni della guerra sui muri, nelle strade. I segni dei proiettili, delle granate. I muri distrutti e non ricostruiti. I palazzi, invece, riportati all'antico splendore. Luoghi di contrasti. Don Mario Cosic è il direttore del centro scolastico cattolico San Giuseppe. Gestisce a Sarajevo e in altre località della Bosnia sette scuole multietniche: tutti studiano insieme storia delle religioni e già dai primi anni le lingue bosniaca, serba e croata. Fazila è una delle donne di Srebrenica. Racconta la tragedia della pulizia etnica, dà volti e storie agli oltre 8mila morti. La voce è quella dei testimoni, lo sguardo e la penna quello degli studenti. Occhi nuovi che guardano al futuro, che cercano il futuro nella memoria.  

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