Quei 300 bimbi “del Danubio” accolti in città dal 2004 a oggi



Non ce l’ha fatta a guarire da un grave male Roman, un bimbo moldavo di sette anni, arrivato a Trieste all’età di tre per potersi curare al Burlo. La malattia purtroppo lo ha vinto. Sulla sua strada però ha potuto incontrare l’associazione “Bambini del Danubio”, che ha permesso a lui e alla sua famiglia – e ad altri 300 casi dal 2004, in arrivo anche da Medioriente, Sudamerica e Asia – di raggiungere il nostro Paese per fruire delle cure migliori.

L’ente, che vive delle offerte, in testa del fondatore e presidente Sergio Balbinot (ex ad Generali), e dal 5xmille, ha un protocollo ben preciso. Innanzitutto c’è un comitato scientifico composto da medici che vaglia la cartella clinica del bambino. Una volta accettata la proposta, la onlus organizza il viaggio che ha come prima sede appunto il Burlo. Qui, ad esempio, è rimasto per tre anni e mezzo Roman. Alla famiglia solitamente viene fornito sia un alloggio sia un sussidio per mantenersi. Ad accompagnare questi bimbi nel loro percorso ci sono anche i volontari, che si occupano «tra l’altro di risolvere tutte le criticità che si incontrano», racconta un volontario: «Si cerca di capire quali sono le esigenze, ad esempio, di quei bambini costretti a stare in una stanza chiusi per tre mesi in seguito a delicate operazioni». L’associazione segue i bambini anche dopo le cure. Nel 2018 sono stati infatti 61 i bambini ospiti a Trieste, in parte in cura e in parte rientrati per controlli.—



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