Quel fascino “maledetto” della vecchia braida Vaccana

La magnificenza di Palazzo Attems Petzenstein, davanti al quale dalle eleganti carrozze scendevano dame e gentiluomini dell’alta borghesia cittadina; poco più in là il dedalo degradato di braida Vaccana. Così possiamo immaginare quella parte di Gorizia sul finire del Settecento. Così oggi è. Braida Vaccana nasce sfortunata già dal nome, che non è un epiteto né richiama ai bovini. Deriva dal cognome dei sovrani del Castello i quali nel seicento possedevano i fondi (braida) che si estendevano fino al colle della Castagnavizza. Si ha notizia che nel 1682 in una parte di braida Vaccana fu predisposto il primo cimitero cittadino. Prima le salme erano composte nelle fosse antistanti la chiesa di San Giovanni Battista, nell’attuale via San Giovanni. Braida Vaccana non ha una grande storia da sfoggiare eppure è una parte della città molto affascinante. Se non altro perché rappresenta la prima estensione di Gorizia al di fuori dei confini medievali, rappresentati dalla grapa, il fossato celebrato con la “vasca” in marmo davanti alla prefettura.
Oggi il fascino del quartiere bisogna intuirlo. O meglio ci si deve sforzare per coglierlo. Nel rione c’è stato un massiccio intervento dell’Ater che se da una parte ha preservato dalla demolizione molti edifici, dall’altra li ha omogeneizzati con restauri senz’anima. Braida Vaccana è elevata dalla chiesetta di Sant’Antonio (messa malissimo) e dalla sede universitaria slovena di via della Croce. Per motivi che non conosciamo il quartiere ha la caratteristica di essere stato articolato con strade ortogonali raccolte lungo le direttrici est-ovest via Formica, via del Santo, luogo del fattaccio, e via Favetti.
Ragguagli storici questi che poco o nulla hanno a che fare con il tentato omicidio ma che vogliono dire quanto una situazione urbanistica non felicissima faccia spesso da sfondo a drammi del genere. Per essere ancora più chiari: quanti tentati omicidi accadono a Cortina d’Ampezzo?
Nella braida Vaccana ci sono molti edifici chiusi, sbarrati da anni. Che si alternano ad altri bisognosi di manutenzione urgente. Un luogo “maledetto” insomma, ma nel senso poetico del termine e per questo attraente. Ci sono posti in certe città che richiamano frotte di turisti per essere stati teatro di tragedie. Non è il caso, per un pelo e per fortuna, di via del Santo. (r.c.)
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