Quell’intreccio nobiltà-affari e la rottura del sodalizio con il barone

«Tripcovich, resa di conti e baroni». Titolava così Affari e Finanza di Repubblica del 27 maggio 1994 per raccontare un crac nobile e miliardario. La moneta in corso era ancora la lira. «Nobiltà e...

«Tripcovich, resa di conti e baroni». Titolava così Affari e Finanza di Repubblica del 27 maggio 1994 per raccontare un crac nobile e miliardario. La moneta in corso era ancora la lira. «Nobiltà e affari: un binomio che in genere funziona poco - scriveva il giornalista economico Nino Sunseri -. Non ha funzionato per niente alla Tripcovich dove il sangue blu scorre fluente così come i debiti che sono arrivati a 600 miliardi su 1.200 di fatturato e le perdite si sono mangiate il patrimonio (...) Ci sono baroni, principi e conti. Non manca nemmeno la nipote di un Re come Bianca di Savoia, discendente di Umberto ed erede di Amedeo d'Aosta l'eroe dell'Amba Alagi. (...) La presenza di tanto sangue blu è legata alle origini della Tripcovich che, fondata quasi un secolo addietro è finita per via ereditaria nelle mani dell'attuale presidente Raffaello De Banfield (sua madre era una Tripcovich). Falello per gli amici musicali. La società svolgeva una piccola attività come la gestione dei rimorchiatori al porto di Trieste (...) Nel 1981, per superare un trauma finanziario legato al crac della Trenno, arriva Agostino Della Zonca: un conte naturalmente. Che uomo Della Zonca. Al barone Falello e alla baronessa Barbara deve essere sembrato proprio un inviato dal cielo. Belle maniere, abiti eleganti, amicizie importanti e, soprattutto, buona esperienza manageriale avendo guidato il Colorificio Veneziani Zonca. Le azioni Tripcovich vengono blindate in un patto di sindacato e Della Zonca comincia a lavorare togliendo i soci dall'imbarazzo di occuparsi di cose noiose come le navi, i trasporti, i container. Porta il titolo alla Borsa di Milano e comincia a fare una robusta campagna di shopping che culmina con l'acquisto della Gottardo Ruffoni e della Finrex. Il fatturato del gruppo, da poche decine di miliardi, viene portato ai 1.200 dell'anno scorso (1993, ndr). Fra dicembre e gennaio, però, il sodalizio si rompe (...). Forse nella sua politica di espansione Della Zonca non ha tenuto conto che i suoi azionisti erano ricchi di blasone ma non altrettanto di soldi. Forse ha voluto fare il passo più lungo della gamba dando l'impressione a Falello e a Barbara di volere sfilare la società dal loro portafoglio. Sta di fatto che il piano di ricapitalizzazione del gruppo che serviva a finanziarlo salta e il conte Della Zonca esce accompagnato da code avvelenate. Gli viene rimproverata anche una gestione troppo nepotistica che ha portato sua figlia Caterina, di 28 anni, a diventare amministratore unico dell'hotel Duca d'Aosta di proprietà della Tripcovich, Cesare Pizzul, marito di Caterina, alto dirigente del gruppo e l'altro figlio, di 19 anni una presenza stanziale negli uffici di Milano. Il barone De Banfield deve correre ai ripari e, siccome non gli riesce di trattare affari con personaggi che abbiano meno di due cognomi, si rivolge a Gabriele Galateri di Genola (oggi presidente delle Generali, ndr), finanziere di razza e ad della Ifil. Il problema viene risolto rapidamente: il presidente di Ifil è Umberto Agnelli che, in prime nozze, ha sposato Antonella Bechi Piaggio. Un'altra ragazza Piaggio è la prima moglie di Sebastiano Gattorno, 37 anni, proprietario del gruppo Serra che da Genova cerca spazio verso altri lidi. (...) Sebastiano Gattorno viene nominato amministratore delegato della Tripcovich insieme a Giberto Arrivabene Valente Gonzaga figlio di Graziella Brandolini d'Adda, seconda moglie del barone Falello. I due guardano i conti e poi corrono subito a chiedere aiuto perché il gruppo è a un passo dal fallimento». In realtà già oltre, come si scoprirà poi.

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