Quell’ultimo match di Carnera al Baiamonti

Il 12 maggio 1946 affrontò il pugile di casa Luigi Musina e perse. C’erano più di 20mila persone
Tra le corde due uomini, uno con i calzoncini bianchi, uno con i calzoncini neri, e sullo sfondo la sagoma sfocata del seminario maggiore. Ricorrono oggi i cinquant’anni dalla morte di Primo Carnera e a mezzo secolo dalla sua scomparsa, la leggenda del pugile di Sequals non solo non è tramontata, rinasce. E Gorizia fa parte della leggenda. Ne fa parte per almeno per due motivi (spesso dimenticati). Intanto perché l’unico campione del mondo dei pesi massimi espresso dall’Italia ha conosciuto la moglie Pina al Caffè “alle Ali” di corso Italia, poi perché la sua carriera si è conclusa proprio nel capoluogo isontino. Era il 12 maggio 1946. Con lui quel giorno sul ring allestito allo stadio Baiamonti incrociò i guantoni il goriziano Luigi Musina. Era il loro terzo faccia a faccia. Entrambi i precedenti erano stati sfavorevoli alla “Montagna che cammina”: a Milano Carnera aveva perso per ko tecnico al settimo round, a Trieste era arrivato in piedi all’ultimo gong, ma non gli era comunque bastato per metter il conto sull’1-1. A vincere era stato ancora una volta il goriziano già campione europeo dei pesi mediomassimi. I manifesti e i volantini dell’epoca presentavano la riunione come “il più grande avvenimento sportivo della stagione”. Con il senno del poi, forse è stato molto di più. Le cronache raccontano che quel giorno, al Baiamonti, si radunarono tra le 20 e le 25 mila persone. Quel match con le sue atmosfere è raccontato round dopo round da Guido Barella nel libro scritto con Umberto Sarcinelli “Luigi Musina-La boxe, Gorizia, il suo tempo”. «Sa bene, Carnera, che da questo incontro dipende tutto il suo futuro – si legge -. Ha già 40 anni, eppure sogna ancora di tornare in America per continuare a fare il pugile». Quella terza sconfitta, invece, metterà fine alla sua carriera. Almeno a quella di pugile. Carnera da lì in avanti si dedicherà ad altro: al catch. E Musina lo sfidò anche in quel campo, ma il gigante di Sequals non rispose mai alla proposta di un quarto incontro che mescolasse boxe e lotta libera. Oggi di quei tempi rimangono le foto in bianco e nero e i ricordi. Al Caffè “alle Ali” c’è un’immagine di Carnera fuori dal bar fotografato con tutti i clienti. Tra chi allora frequentava il locale c’era il nostro collaboratore Emilio Danelon. Allora era solo un bambino: «Aveva una voce profonda che incuteva rispetto», racconta, aggiungendo: «Quando giocava a carte, con quelle mani che aveva, le carte scomparivano. Con lui sembravano dei francobolli».


Stefano Bizzi


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