Record di nuovi contagi in Croazia Sos in Slovenia: «Sanità al limite»

LUBIANA Un calvario collettivo, con i contagi che superano livelli-record, tanti decessi, sempre moltissimi i ricoverati in ospedale. Ma i numeri non fermano una delle commemorazioni più sentite e partecipate, quella in memoria della caduta di Vukovar dopo tre mesi d’assedio, nel 1991.
È lo scenario osservato ieri in Croazia, Paese che ha vissuto un’altra giornata drammatica sul fronte coronavirus. Sono stati 3.251 i nuovi contagi su 9.126 tamponi effettuati, il record da inizio epidemia, ha informato l’Istituto di salute pubblica di Zagabria. Ancora tanti, troppi i morti nel Paese: nelle ultime 24 ore se ne sono registrati 38, in crescita rispetto agli ultimi tre giorni. A preoccupare pure il dato degli ospedalizzati (quasi 1.900) e soprattutto quello dei pazienti in terapia intensiva, che si mantiene sopra quota 200.
Si tratta di cifre allarmanti che suggeriscono che le misure restrittive ora in vigore, assai lontane dalla severità di quelle di primavera, forse non sono sufficienti. Si spiegano così i sempre più accorati appelli di medici ed esperti affinché le autorità si decidano a una nuova stretta, in particolare contro bar e locali che non rispettano le regole. «Bisogna vietare o limitare il lavoro di locali notturni e palestre o chiuderli completamente», ha affermato Natasa Ban Toskić, numero uno del Coordinamento dei medici di famiglia croati (KoHom), citata dalla Tv regionale N1. «I locali notturni e i bar vanno messi sotto controllo, lavorano» non rispettando le misure in maniera massiccia e vanno puniti con rigore draconiano coloro che non usano le mascherine, ha fatto eco Ivana Smit, presidente dell’Associazione croata dei medici ospedalieri. E si rincorrono anche petizioni affinché almeno dalla scuola media in su si passi alla didattica a distanza e si vigili anche sul rispetto delle restrizioni e sul divieto di assembramenti nei luoghi di culto.
Assembramenti che invece – con il beneplacito dello Stato – si sono visti ieri a Vukovar per l’anniversario della resa della città nelle mani di paramilitari e soldati serbi, 29 anni fa. Alcune migliaia di persone – diecimila secondo alcune stime - sicuramente ben più dei 500 autorizzati dalle autorità con regole ad hoc pensate proprio per Vukovar, hanno sfilato lungo le vie, molti senza mascherina, per ricordare i massacri. Non hanno fatto presa dunque neppure gli appelli di medici e dello stimato scienziato Ivan Djikić, che aveva chiesto di ricordare Vukovar rimanendo a casa quest’anno, perché la situazione nel Paese rimane critica.
E critico rimane lo scenario anche nella vicina Slovenia, dove i contagi sono risaliti seppur di poco oltre quota duemila dopo una settimana in cui quel livello non era più stato raggiunto. I decessi sono stati 43, solo due in meno del record negativo del 17 novembre. In leggerissima crescita gli ospedalizzati (1.280, +0,4%), mentre le terapie intensive rimangono stabili a quota 209. A preoccupare però sono soprattutto le case di riposo, dove in totale sono 2.131 gli ospiti attualmente positivi, ma il virus «si diffonde» ancora assai «velocemente» in tutto il Paese, ha ammesso il portavoce del governo, Jelko Kacin, che ha fatto appello alla massima cautela e ha promesso nuovi aiuti per l’economia.
Cautela, distanziamento, mascherine, lo stare a casa sono al momento le uniche armi anche in Slovenia. E vanno usate perché «il sistema sanitario è al limite delle proprie capacità», ma anche per contenere il virus e i danni che provoca e provocherà al sistema produttivo, ha sottolineato Jure Knez, uno dei membri del comitato di esperti che ha approntato i pacchetti governativi pensati per mitigare una dura e lunga crisi, non solo sanitaria. E lo Stato, nel prossimo futuro, farà anche di più, soprattutto per preservare l’occupazione attraverso un nuovo pacchetto di misure di sostegno, ha assicurato già l’altra sera il premier sloveno Janša. —
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